Canada – Alza i tassi per attutire la bolla immobiliare

Dopo gli Stati Uniti, che hanno iniziato il processo di restrizione creditizia nel dicembre 2015, anche il Canada è stato “costretto” ad aumentare i tassi di interesse per la prima volta in sette anni.

E questo malgrado la crescita economica sia stagnante e il quadro macroeconomico generale e del Paese continui ad indebolirsi.

L’inasprimento della politica monetaria è stato adottato ieri e viene giustificato dalla ripresa economica di un Paese afflitto dal crollo del prezzo delle materie prime e dalla creazione di una bolla immobiliare.

Una bolla che per la verità sta già iniziando a sgonfiarsi, ma rischia altresì di scoppiare con conseguenze pericolose anche sul sistema finanziario domestico, che molto ha investito in questo settore.

E la scelta attuata dalla banca centrale canadese si inserisce nel percorso aperto dalla Fed e poi seguito dalla Bank of England e dalla Bce, che a loro volta hanno deciso di attutire il programma di politica monetaria ultra aggressivo fin qui adottato, senza però definire in modo compiuto modalità e tempi.

Più in particolare, la scelta del Canada si innesta in un contesto nel quale il Paese ha subito nell’ultimo biennio un calo dei redditi privati a seguito della sensibile discesa del prezzo del petrolio e delle principali materie prime.

Nel contempo, il calo dei tassi di interesse, che si è ridotto a zero per un periodo prolungato, ha alimentato la bolla immobiliare già presente in diversi distretti del Paese.

Contesto nel quale è diventato necessario l’intervento della banca centrale per stemperare l’ascesa costante dei prezzi degli immobili negli ultimi dieci anni.

Questo anche se il denaro in uscita dalla Cina si è in parte canalizzato nel mercato residenziale, lanciando le valutazioni degli immobili, in particolare a Vancouver e Toronto, a livelli esorbitanti, grazie anche alla disponibilità del sistema finanziario a sostenere qualsiasi tipo di investimento nel comparto immobiliare.

Da qui la necessità di intervenire per evitare uno scoppio della bolla che potrebbe avere conseguenze significative non solo sulla crescita economica, ma anche sulla stabilità finanziaria di un Paese nel quale il numero di nuovi cantieri edilizi è cresciuto anche in giugno del 9,1% su base annua, pur associandosi a una crescita ancora moderata del Pil e a una più robusta creazione di posti di lavoro.

Al contrario, il tasso di inflazione si attesta al 1,3% in maggio, e quindi resta al di sotto dell’obiettivo della banca centrale (2%) con la crescita dei salari ancora alquanto modesta.

Coloro che si aspettavano un rialzo dei tassi di interesse nella riunione di ieri hanno così citato due elementi per giustificarlo: un miglioramento del sentiment da parte dell’istituto monetario sull’outlook del Paese e i dati che segnalano che l’output si sta espandendo al ritmo più veloce degli ultimi tre anni, o almeno dal periodo del crollo dei prezzi delle materie prime.

Come in altri Paesi, la banca centrale deve altresì stemperare l’eccessivo indebitamento figlio dei bassi tassi di interesse, inchiodati da diversi anni al minimo storico dello 0,5 per cento.

Tale livello ha infatti influenzato la concessione di credito facile, portando l’indebitamento privato al 172% del reddito personale, uno dei più elevati al mondo e incubo della banca centrale domestica.

Il dollaro canadese ha beneficiato positivamente nelle scorse settimane della possibilità di questo rialzo dei tassi, che non sarà presumibilmente l’unico nel corso dell’anno, e ha raggiunto i massimi degli ultimi dieci mesi nei giorni scorsi, estendendo la risalita anche dopo la decisione della banca centrale.

Al contrario, i bond canadesi hanno sperimentato un lungo periodo di vendite, più aggressive rispetto a quelle dei principali Paesi occidentali.

La sensazione ormai generalizzata tra molti operatori é che anche la Bank of Canada, al pari di quella americana, inglese ed europea, sia costretta a correre ai ripari, accelerando anch’essa il ritmo del rialzo dei tassi di interesse, ma assai controvoglia.

In realtà, la banca centrale è preoccupata dal livello del debito personale che ha raggiunto soglie preoccupanti e dalla crescita dei prezzi immobiliari. Nel momento in cui questi ultimi dovessero iniziare a stornare, molti canadesi si troverebbero con equity negativo, vale a dire con un debito superiore al patrimonio immobiliare e potrebbero iniziare a non onorare le rate di mutuo, come spesso accade in questi casi. Tale situazione metterebbe in difficoltà diversi istituti di credito del Paese, pesantemente investiti nel settore immobiliare.

Il calo delle compravendite a Vancouver e Toronto, in parte indotto dalla tassa introdotta sugli acquisti dall’estero, è un primo campanello d’allarme, che però non si è ancora scaricato sui prezzi. Questo anche se il triste ricordo di cosa accadde nel 2008/2009 negli Stati Uniti è ancora molto fresco e rappresenta un monito per i vicini di casa canadesi.