Intesa – Utile netto a 5,2 mld nel primo semestre 2017

Nel primo semestre 2017 l’istituto ha acquisito una parte di attivi e passivi delle banche venete, con in dote 3,5 miliardi di contributi pubblici, imputati a conto economico, a compensazione degli impatti negativi sui coefficienti patrimoniali. Tale posta ha spinto l’utile netto a 5,2 miliardi, da 1,7 miliardi di fine giugno 2016; al netto della quale il semestre si sarebbe chiuso in linea con il pari periodo 2016. Nel periodo, il Gruppo ha riportato un margine di intermediazione sostanzialmente stabile a 8,6 miliardi, sostenuto dalle commissioni nette (+6%). Chiara la strategia dell’Ad Carlo Messina che punta a rendere i ricavi meno legati all’attività di credito, che in un momento di tassi di interesse ai minimi, presenta bassi livelli di redditività. Obiettivo è quello di trasformare la banca in una wealth management company. 

Nel primo semestre 2017, il margine di intermediazione è rimasto sostanzialmente stabile a 8,6 miliardi, sostenuto in particolare dal buon andamento delle commissioni nette, che ha compensato la diminuzione delle altre componenti.

Ed è proprio sulla componente commissionale, attualmente a circa il 45%, che la banca intende spingere per sostenere il margine di intermediazione, rafforzandosi ulteriormente nel wealth management.

Le commissioni nette nel periodo sono aumentate del 5,8% a 3,7 miliardi, con una significativa espansione (+12,7%) di quelle di gestione, intermediazione e consulenza. Queste ultime evidenziano una crescita di quelle di intermediazione e collocamento titoli (+46,7%), di quelle di gestione (+9,4%) e di quelle riferite ai prodotti assicurativi (+7,3%). Le commissioni da attività bancaria commerciale mostrano, al contrario, una flessione dell’1 per cento.

Il margine di interesse ha registrato un lieve calo (-1,8% a 3,6 miliardi), penalizzato dalla svalutazione della valuta egiziana, al netto della quale sarebbe risultato in crescita dell’1,5 per cento.

In questo contesto il Gruppo intende ridurre sempre di più la dipendenza dal margine di interesse (il cui peso è circa il 42%), anche in considerazione del perdurare di bassi tassi di interessi.

I profitti da trading diminuiscono dai 695 milioni del primo semestre 2016 ai 591 milioni del periodo in esame, risentendo della riduzione della componente legata alle attività disponibili per la vendita (da 159 milioni a 37 milioni) e di quella dell’attività di trading (da 288 milioni a 266 milioni).

Gli altri ricavi evidenziano una contrazione del 16,7% a 595 milioni, rispetto ai 714 milioni nel pari periodo 2016, che tuttavia includevano 170 milioni di plusvalenza legata alla cessione della partecipazione in Visa Europe. L’attività assicurativa ha consuntivato con 523 milioni (571 milioni nel primo semestre 2016). Area quest’ultima dove, l’istituto milanese punta ad accrescere la propria presenza in particolare nel segmento danni, dato il buon posizionamento nel ramo vita.

I costi operativi sono saliti a 2.141 milioni (+5,7%) per i maggiori contributi relativi al sostegno del sistema bancario, passati da 113 milioni a 460 milioni, dell’analogo periodo 2017. Sostanzialmente stabili, infatti, le spese per il personale a 2.264 milioni.

Dinamiche che determinano il calo del risultato lordo di gestione a 4.196 milioni (-7%).

Significativa la riduzione  delle rettifiche su crediti (-11,4% a 1.432 milioni), a testimonianza dell’ulteriore riduzione dell’esposizione nei crediti problematici, un andamento che fissa il risultato netto di gestione a 2.764 milioni (-4,6%).

I conti recepiscono poi proventi non ricorrenti netti per 3,5 miliardi (non presenti nella passata gestione) riferiti al contributo pubblico ricevuto a compensazione degli impatti sui coefficienti patrimoniali derivanti dall’acquisto di alcune attività e passività di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca.

Il periodo si chiude con un utile netto di 5,2 miliardi. Non considerando la posta straordinaria, l’utile netto è pari a 1,7 miliardi, sostanzialmente in linea con i primi sei mesi del 2016.

Sul fronte patrimoniale, gli impieghi verso clienti mostrano una crescita del 7,9% rispetto a fine dicembre 2016 a 393,5 miliardi e includono 24 miliardi derivanti dall’acquisto dei rami di attività delle banche venete. Al netto dei quali, il progresso sarebbe stato dell’1,2 per cento.

La qualità del credito registra un miglioramento. A fine giugno, il complesso dei crediti deteriorati netti ammonta a 27,8 miliardi (-6,6% rispetto a fine 2016). In quest’ambito, i crediti in sofferenza si attestano a 13,9 miliardi rispetto ai 14,9 miliardi di fine 2016, con un’incidenza sui crediti complessivi pari al 3,5% (3,8% al 31 dicembre 2016) e un grado di copertura al 60,7% (60,6% a fine 2016). Le inadempienze probabili diminuiscono a 13,5 miliardi dai 14,4 miliardi del dicembre 2016. Gli importi non incorporano le attività delle banche venete, su cui sta per essere avviata la due diligence.

Per contro, rispetto a fine 2016, la raccolta diretta ha registrato un progresso del 9% a 613 miliardi, e in particolare quella da clientela segna una crescita del 5% a oltre 406 miliardi, rispetto a fine 2016.

Riguardo alla solidità patrimoniale, la stima del Cet1 pro-forma del Gruppo a regime è pari al 13% (12,9% al 31 dicembre 2016). Il calcolo del Cet1 include l’assorbimento totale delle imposte differite attive relative all’affrancamento del goodwill e alle rettifiche su crediti il contributo pubblico cash di 1,3 miliardi a copertura degli oneri di integrazione connessi alle banche venete, nonché il Danish compromise (per cui gli  investimenti assicurativi vengono trattati come attivi ponderati per il rischio anziché dedotti dal capitale, con un beneficio di 8 centesimi di punto).