Jerome Powell – Le mosse del prossimo presidente della Fed

E’ calato il sipario sulla scelta del prossimo presidente della Federal Reserve, la più importante banca centrale del pianeta, con una promozione interna che mette fine ai rumor su altre candidature eccellenti che si erano succedute nelle settimane precedenti.

Powell prenderà le redini dell’istituto in un momento favorevole per l’economia americana, cresciuta del tre per cento per due trimestri consecutivi, ma nel pieno del restringimento della politica monetaria espansiva.

In aggiunta, il neo Chairman dovrà gestire un’inflazione che non riesce a decollare, associata, tuttavia, a un’eccessiva espansione di alcune asset class finanziarie. In un simile contesto, la disparità di ricchezza tra le diverse fasce sociali è aumentata in modo considerevole in seguito all’ultima grave recessione, ma anche più in generale da inizio millennio.

Inoltre, a parte l’eccezione degli ultimi due trimestri, la crescita americana rimane mediamente sotto tono e inferiore alla media post recessione poco superiore al due per cento rispetto ad incrementi anche doppi in periodi di espansione economica.

In sostanza, il passo degli ultimi due trimestri sarà difficile da sostenere con l’aumento dei debiti, la riduzione dei risparmi, salari costanti e alcuni settori dell’economia che cominciano a dare segni di sovrariscaldamento quale, per esempio, quello automobilistico.

Anche il tasso di disoccupazione, ai minimi degli ultimi sedici anni, non lascia ulteriore spazio a un’ulteriore discesa con il numero di nuovi occupati che continua a concentrarsi nella fascia salariale più modesta, mettendo a rischio la crescita dei consumi.

Questa condizione di partenza consentirà al nuovo capo della Federal Reserve di proseguire nella lenta fase di ascesa dei tassi di interesse, ridotti negli ultimi anni ai minimi storici, con l’obiettivo di prolungare quello che al momento risulta il terzo più lungo ciclo espansivo domestico nella storia del Paese.

Tuttavia, anche i cicli di crescita non muoiono per anzianità. Al contrario, arrivano al capolinea per lo scoppio di bolle speculative, shock provocati da disastri naturali, sollevazioni popolari o errori delle banche centrali.

 

I PROSSIMI PASSI

Incrementi dei tassi di interesse più repentini potrebbero sia fare deragliare il rialzo del mercato azionario sia abbassare ulteriormente la crescita dell’inflazione già bassa. Al contrario, una politica monetaria troppo accomodante rischierebbe di gonfiare le asset bubble ancora più significativamente con conseguenze pericolose in caso di scoppio, situazione ben nota sia al nuovo governatore sia a Trump.

Il problema principale di Powell sarà quello di affrontare la prossima crisi con uno scarso arsenale di munizioni.

La situazione dell’economia mondiale non è mai stata così florida negli ultimi dieci anni, ma vestire i panni di un banchiere centrale e gestire un eventuale downtrend non sarà facile nei prossimi anni.

Powell è già un membro della Federal Reserve e questo potrebbe agevolarlo nella scelta delle future azioni di politica monetaria.

Il cambio di direzione arriva, tuttavia, in un momento delicato con l’aumento dei tassi già avviato ed è in questi contesti che errori possono essere fatti o evitati.

Capire se l’economia americana abbia ancora bisogno di stimoli e in quali dimensioni sarà comunque più facile per un soggetto già membro della Federal Reserve.

Trump sta decantando ogni nuovo record del mercato azionario, ma i rialzi non potranno proseguire, almeno non a questo incredibile ritmo.

E’ sicuramente molto importante che Powell abbia conoscenza dei mercati. Ha speso gran parte della sua carriera nelle istituzioni finanziarie, lavorando per diverse banche di investimento e fondi di private equity. Con una simile esperienza, è ben consapevole che l’attuale entusiasmo possa facilmente affievolirsi e tramutarsi anche in panico.

Powell, che tra l’altro è anche un multimilionario con un patrimonio stimato tra i 20 ed 55 milioni di dollari, sarà anche solo il nono presidente della banca centrale americana dalla sua costituzione nel 1913.

Il suo attuale predecessore – la Yellen – ancora in carica fino alla scadenza del mandato nel febbraio 2018, ha gradualmente ristretto la politica monetaria con l’obiettivo di spingere il mercato del lavoro ad alzare i salari. Purtroppo, anche il recente dato di ottobre evidenzia una crescita mensile piatta ed un incremento del 2,4% su base annua in un contesto di bassa produttività.

IL DILEMMA DI POWELL

I tassi di interesse sono ora all’1,25% e si prevede che arriveranno al 2% alla fine del 2018.

Oltretutto, nessuno prevede una recessione negli Stati Uniti in tempi brevi, ma il rischio è di trovarvisi dentro con tassi nominali inferiori al tre per cento.

Powell potrà fare affidamento su uno staff molto competente con altri governatori federali molto esperti, ma le decisioni saranno comunque sulle sue spalle e non saranno semplici per le motivazioni precedentemente indicate.