Usa – Il debito pubblico e l’impatto della riforma fiscale

Il debito pubblico a stelle e strisce ha impiegato circa due secoli (1980) dalla dichiarazione di indipendenza a raggiungere la quota del trilione di dollari, altri cinque (1985) per raddoppiare e quasi trenta per decuplicare (2009). Negli ultimi otto anni, complice anche la grave crisi finanziaria, è invece raddoppiato passando da $9,5 trilioni a $20,5 mentre aumenta ormai di un trilione in poco più di anno.

Tutto questo ancora prima che venisse approvata nel week end la tanto attesa riforma fiscale negli Stati Uniti che comporterà un aumento del debito di 1,4 trilioni di dollari nel prossimo decennio,bin virtù di una diminuzione delle aliquote alle imprese, entrate che non verranno compensate da un’adeguata copertura di bilancio.

L’allarme è arrivato anche dalla Presidente della Federal Reserve – Janet Yellen – la quale, in scadenza di mandato, ha iniziato ad usare toni più realisti e meno ambigui sullo stato dell’economia a stelle e strisce e in particolare sulla continua crescita del debito pubblico del quale nessuno sembra (pre)occuparsi.

In realtà, il debito pubblico americano è aumentato di ben 723 miliardi di dollari solo nelle ultime 12 settimane. Un incremento in parte dovuto al rischio di “shutdown” della macchina governativa, ma soprattutto del “debt ceiling” verificatisi entrambi a fine agosto. In simili occasioni, il governo spende solo quello che ha in cassa con nessun impatto sul debito, mentre riparte a indebitarsi pesantemente non appena la minaccia si dissolve, recuperando velocemente il pregresso con una raffica di emissioni di titoli del debito pubblico.

Quest’ultimo sta, di conseguenza, salendo in maniera vertiginosa e ora ha raggiunto i 20,57 trilioni di dollari, salendo al 105% del Pil.

Solo nell’ultimo anno il debito è aumentato di $881 miliardi, ai quali andranno aggiunti almeno altri $100 miliardi imprevisti per i danni ambientali provocati dai tre uragani di fine estate tra Texas, Florida e Porto Rico, non ancora contabilizzati.

Andando indietro nel tempo, il debito pubblico è cresciuto del 40% negli ultimi sei anni per complessivi $5,8 trilioni. A fine 2011 il rapporto debito/Pil ammontava al 95%, mentre prima della crisi finanziaria si attestava al 63 per cento.

In aggiunta, i tagli alle tasse pagate dalle imprese provocheranno presumibilmente un’impennata del debito stimata intorno a un trilione e mezzo di dollari nel prossimo decennio, solo per la mancate entrate fiscali qualora non vengano compensate da una vigorosa crescita economica che molti economisti reputano improbabile.

Solo un senatore era disponibile a imporre dei meccanismi automatici di rialzo delle tasse qualora il debito salisse negli anni futuri in misura incontrollata.

Di conseguenza, anche la Fed ha inaspettatamente alzato il livello di attenzione sul problema, dopo che l’agenzia di rating Fitch ha stimato che il rapporto debito/Pil salirà al 120% entro il 2027.

Tale conseguenza è il risultato di una crescita post Grande Recessione molto al di sotto delle aspettative nell’ultimo decennio, tale da spingere la stessa Yellen a lanciare il monito sulla sostenibilità del debito in futuro.

Tale preoccupazione è stata condivisa, nei giorni successivi, anche dal presidente della Fed di Dallas. Al debito pubblico vanno aggiunti, infatti, i tanto temuti “unfunded entitlemens” che consistono in fondi pensione pubblici e spese mediche che non avranno la copertura finanziaria sufficiente per erogare le prestazioni a tutti gli iscritti nei prossimi anni.

CONCLUSIONI

L’agevolazione dei tassi di interesse pilotati artificialmente a livelli molto bassi ha solo differito nel tempo la sostenibilità del debito, rimandando il problema al futuro esattamente come sta avvenendo in tutti i Paesi pesantemente indebitati, Giappone e Italia in primis.

L’intervento massiccio delle autorità monetarie ha, tuttavia, diminuito la “moral suasion” sui governi che hanno smesso di adottare politiche per la riduzione del debito, aumentando i livelli di spesa per sostenere tassi di crescita ancora anemici.

Ora, i tassi di interesse hanno ripreso a crescere, almeno negli Stati Uniti, e di conseguenza anche il costo del debito che appesantisce il deficit e ha ricadute finali anche sul debito, qualora non si intervenga adeguatamente.

Tuttavia, in presenza di debiti pubblici sempre più elevati gli spazi di manovra per almeno contenerne la continua crescita diventano sempre più ristretti.