Usa – Lavoro, inflazione, Fed e mercati

La pubblicazione del dato sull’occupazione americana di dicembre è l’occasione per una breve riflessione sullo stato dell’economia a stelle e strisce, le prospettive di inflazione nel Paese, le future mosse della Federal Reserve e l’impatto sui mercati finanziari domestici e mondiali.

I 148.000 nuovi occupati nell’ultimo mese dell’anno sono stati una mezza sorpresa negativa rispetto ai valori dei mesi precedenti, sempre superiori alle 200.000 unità, e nei confronti delle attese pari a 190.000. Il dato è stato il peggiore dal luglio 2017, ma è stato compensato dalla revisione al rialzo del dato di novembre.

L’esito inaspettato dal rilevamento di dicembre è stato immediatamente giustificato da Goldman Sachs con le avverse condizioni atmosferiche che hanno flagellato la parte nord orientale del Paese.

Il mercato del lavoro rimane molto forte, ma con pressioni inflazionistiche ancora molto tenui. L’incremento dei salari (+0,3% sul mese e +2,5% annuo) è in linea con le attese e spinge la banca centrale a ritenere le pressioni inflazionistiche assai tenui.

Il tasso di disoccupazione si attesta al 4,1%, il minimo da diciassette anni, mentre l’U6 l’indice che comprende anche i sotto occupati ed i partime che vorrebbero invece lavorare a tempo pieno è risalito lievemente all’8,1% dopo mesi di continua discesa.

INFLAZIONE

Al momento, la Federal Reserve non percepisce rischi di inflazione imminenti. Tuttavia, il tono dell’ultimo meeting è stato piuttosto restrittivo ed il ritmo dei rialzi dei tassi di interesse nel 2018, ad oggi tre, dovrebbe rimanere inalterato.

In realtà, se il mercato del lavoro non sta creando pressione sui prezzi, nuove tensioni potrebbero invece arrivare dall’imprevisto aumento delle materie prime e dalla svalutazione del dollaro, quest’ultima assai significativa dall’elezione di Trump ad oggi, mentre il petrolio è salito del 20% negli ultimi due mesi.

LA BANCA CENTRALE

L’autorità monetaria statunitense si trova sempre di più tra l’incudine delle bolle finanziarie ed il martello delle pressioni inflazionistiche e nel mezzo di una crescita economica soddisfacente ma non ancora sostenuta.

Resta, inoltre, la sensazione, che le principali economie mondiali non possano crescere sufficientemente senza l’ausilio dei tassi di interesse bassi o di stimoli monetari ultra accomodanti.

Il mercato obbligazionario domestico sta scommettendo su futuri rialzi dei tassi di interesse con la scadenza a due anni che sta arrivando al 2%, il livello più elevato in tutti i Paesi occidentali.

MERCATI AZIONARI

Anche ad inizio anno, Wall Street ha confermato la sua totale immunità anche nei confronti di notizie non sempre positive. Il rialzo dei tassi è già nelle aspettative degli investitori, mentre ogni previsione di rallentamento economico risulta una buona occasione per ulteriori acquisti nella speranza di una diminuzione degli incrementi già definiti dalla banca centrale.

La partenza lanciata nella prima settimana dell’anno della Borsa Americana lascia, inoltre, pochi dubbi che il ritmo di salita possa in qualche modo interrompersi.

Attendiamo anche la stagione delle nuove trimestrali che entrerà nel vivo già la prossima settimana per averne un’ulteriore conferma.