USA – La sostenibilità dei consumi interni a supporto del Pil

Il risultato sotto le attese della crescita del Pil del quarto trimestre, annunciato lo scorso venerdì, ha aperto nuove crepe sulla sostenibilità della crescita domestica nei prossimi trimestri.

I dubbi e le perplessità riguardano, in particolare:
• L’ascesa dei tassi di interesse.
• Il ricorso al credito al consumo.
• La riduzione del tasso di risparmio.

Il Pil del quarto trimestre è salito solo del 2,6% nell’ultimo trimestre dell’anno, rispetto ad un’attesa del 3 per cento.

Tuttavia, il risultato sarebbe stato di gran lunga più modesto qualora la componente dei consumi privati non fosse stata così consistente con un incremento di oltre il quattro per cento. In aggiunta, il tasso di risparmio è precipitato ai minimi dell’ultimo decennio ed i consumi sono stati finanziati con la leva del debito che a novembre ha raggiunto livelli record.

La prima sintesi di quanto descritto conferma che i consumi privati degli americani sono stati ancora assai sostenuti nell’ultimo biennio, ma hanno beneficiato della componente del credito facile e a basso costo, quest’ultimo elemento ora non più garantito dall’intervento massiccio della Fed.

La prima domanda spontanea è quella di chiedersi cosa accadrà nei prossimi mesi con l’aumento progressivo e costante dei tassi di interesse che si sta verificando ormai da inizio 2017.

L’incremento, attualmente più sostenuto sulla parte breve della curva dei tassi, impatta più velocemente sui crediti al consumo (auto e student loan e carte di credito), mentre solo l’innalzamento dei tassi a lungo influisce sui mutui. Inoltre, i finanziamenti dei crediti al consumo sono erogati a tasso variabile in misura superiore ai mutui che sono, al contrario, più sbilanciati sulla parte fissa (circa l’80%).

Con la risalita dei tassi di interesse, la scorsa settimana i mutui a 30 anni a tasso fisso sono saliti al 4,3% con uno spread di circa 160 basis points rispetto al rendimento del T-bond, un livello in salita ma ancora piuttosto contenuto e in grado di sostenere l’attuale boom immobiliare con prezzi in continua ascesa.

Il mercato obbligazionario vive, inoltre, un momento particolare con l’appiattimento della curva dei rendimenti e una differenza di poco superiore ai 50 punti base tra la scadenza biennale e quella decennale.

Con la previsione di circa cento punti base di stretta monetaria da parte della Fed nel 2018, il decennale salirà per lo meno al 3,5% entro fine anno e, di conseguenza, il tasso medio del mutuo trentennale lieviterà ben al di sopra del 5%, una soglia che potrebbe mettere a rischio l’attuale esuberanza del settore immobiliare.

La variabile tassi, associata al credito facile, è stata una delle chiavi fondamentali della ripresa economica a stelle e strisce successiva alla Grande Recessione, grazie all’intervento monetario ultra espansivo della Federal Reserve.

In tempi di disimpegno da parte della banca centrale, la fiducia del consumatore, ora ai massimi storici, potrebbe evaporare mentre il livello dei debiti privati è in costante crescita. Tale scenario avrebbe sicuramente un impatto negativo sui consumi.

Il calo registrato nel mese di dicembre del risparmio privato al 2,3% del reddito disponibile, minimo dal 2005, pone un’ulteriore ombra sulla sostenibilità dei consumi nei prossimi trimestri. I redditi, infatti, sono aumentati nello scorso mese dello 0,4% rispetto al precedente, ma sono stati bilanciati dall’aumento delle spese personali di pari entità.

Appare evidente che la situazione personale di molte famiglie americane sia sotto pressione già da diversi mesi e non sembra destinata a migliorare. Un po’ di sollievo potrebbe arrivare dalla riforma fiscale a favore delle imprese che ha generato flussi di cassa che sono in parte stati restituiti ai lavoratori attraverso aumenti salariali, ma soprattutto bonus “una tantum”, in media tra i 1.000 e i 2.500 dollari.

Si tratta di boccate di ossigeno comunque non sufficienti a rimpinguare le casse vuote di molte famiglie americane, un terzo delle quali non raggiunge la somma di $10.000 dollari di liquidità sul conto corrente bancario e deve indebitarsi per sostenere qualsiasi imprevisto, dalle spese mediche alla riparazione dell’auto.

L’IMPATTO SUI MERCATI

Il primo a soffrire del rialzo dei tassi è stato il mercato obbligazionario, in discesa da diversi mesi e secondo alcuni entrato in “bear market” da fine anno con la risalita del rendimento del T-bond al di sopra della soglia psicologica del 2,5 per cento.

In seconda battuta, potrebbe essere il mercato immobiliare ad essere indebolito dalla politica monetaria restrittiva. Tassi di interesse più elevati sui mutui diminuiranno il numero di compravendite immobiliari spingendo al ribasso i prezzi, attualmente in continua ascesa.

Infine, anche il mercato azionario potrebbe risentire dell’onda lunga di rialzo dei tassi di interesse. Le aziende sono molto indebitate e ricorrono al credito anche per finanziare i “buyback”. In aggiunta, un’eccessiva stretta monetaria avrebbe conseguenze sulla crescita e di conseguenza sugli utili in particolare delle aziende quotate che trattano, al momento, a multipli record.