Alkemy – Da digital enabler a innovation enabler

Sbarcato su Aim Italia il 5 dicembre 2017, il gruppo specializzato nell’innovazione del modello di business di grandi e medie aziende utilizzerà i proventi derivanti dalla quotazione per finanziare lo sviluppo che, in linea con il percorso già seguito negli ultimi anni, continuerà sia per via organica che per linee esterne. L’obiettivo primario è quello di migliorare il mix di competenze, trasformandosi da ‘digital enabler’ ad ‘innovation enabler’, per ritagliarsi una posizione più rilevante sul mercato della trasformazione digitale. Secondario, ma non meno importante, il percorso dell’internazionalizzazione, con particolare attenzione ai Paesi del Sud Europa.

Alkemy ha archiviato l’esercizio 2016 con una crescita a doppia cifra dei ricavi (+21%), dell’Ebitda (+34%) e dell’utile netto (+30%), merito sia del contributo delle diverse Business Unit che delle acquisizioni. Una dinamica che dovrebbe confermarsi anche con i risultati al 31 dicembre 2017.

Per finanziare lo sviluppo del gruppo, Alkemy potrà contare sui proventi derivanti dalla quotazione che saranno utilizzati sia per aumentare sempre più la profondità dei progetti con i clienti, sia per aggregare nuove competenze, incrementando al tempo stesso standing, visibilità e leadership sul mercato di riferimento.

Un settore, quello della trasformazione digitale in cui opera Alkemy, stimato in crescita a doppia cifra nei prossimi 2 anni, per un valore complessivo di oltre 2 miliardi entro la fine del 2019. La scommessa è quella di arrivare a coprirne il 10%, facendo leva su un miglior mix dei prodotti venduti e dei servizi offerti e sull’allargamento del perimetro del gruppo.

Alkemy intende infatti proseguire il percorso di internazionalizzazione (già avviato con l’apertura degli uffici di Belgrado e Madrid negli ultimi due anni) con particolare attenzione ai Paesi del Sud Europa, anche se l’Italia rimarrà sempre il mercato principale.

Infine, il gruppo vede l’Aim solo come un listino di passaggio perché l’obiettivo in massimo due anni è passare al mercato maggiore, in particolare allo Star, segmento che più valorizza una realtà unica e innovativa come Alkemy.

Duccio Vitali, Amministratore Delegato di Alkemy, illustra le priorità strategiche

“Allargare il nostro spettro di competenza, trasformarci sempre più da ‘digital enabler’ ad ‘innovation enabler’ ed esportare il nostro modello dall’Italia agli altri Paesi del Sud Europa.”

Sono queste le priorità strategiche illustrate da Duccio Vitali, Amministratore Delegato di Alkemy, realtà specializzata nell’accompagnare le aziende nella trasformazione verso il digitale, quotata dal 5 dicembre 2017 sul segmento Aim di Borsa Italiana.

“Da un lato,” puntualizza il Ceo, “abbiamo una crescita inerziale nell’aumentare sempre più la profondità dei progetti che realizziamo con i nostri clienti, dall’altro, l’aggregazione di nuove competenze ci consentirà una crescita anche discontinua. Motivo per cui abbiamo anche accelerato il processo di quotazione per disporre risorse finanziarie che ci consentano di soddisfare pienamente una domanda sempre crescente.”

Infine, Vitali aggiunge: “vediamo l’Aim come un mercato di passaggio perché il nostro obiettivo in massimo due anni è passare al mercato maggiore, in particolare puntiamo al segmento Star.”

“Sfruttiamo le leve del digitale per migliorare il business model delle aziende”

“Operiamo come digital enabler,” spiega il manager, “i nostri interlocutori sono gli amministratori delegati, gli imprenditori o i capi del business di medie e grosse aziende e noi li aiutiamo ad utilizzare le leve del digitale per innovare il loro business model, migliorarlo e renderlo più competitivo.”

Alkemy utilizza un approccio unico nel suo genere che parte dalle esigenze delle imprese e coniuga un ampio spettro di competenze digitali per raggiungere obiettivi concreti. “Siamo una società che fa digitale, ma non ci limitiamo a sviluppare siti e gestire i social media” chiarisce Vitali. Allo stesso tempo Alkemy non fornisce soltanto consulenza strategica, come grandi realtà quali Bain & Company o McKinsey.

Alkemy parte dal business, ma si occupa anche dell’implementazione delle strategie, lavorando di concerto con gli IT Manager o con i direttori marketing delle aziende clienti per raggiungere target precisi come “acquisire più clienti, aumentare il fatturato medio per cliente, ridurre i costi, diminuire il churn rate.”

E per farlo, prosegue l’Ad, “abbiamo creato un mix eterogeneo di competenze, perché per essere digital enabler abbiamo bisogno di persone che capiscano di business e strategia, ma anche di esperti di tecnologia, di comunicazione e di qualcuno che sappia dominare le varie competenze del digitale, dall’e-commerce ai social, a tutto il mondo della user experience, le performance e i dati.”

La trasformazione da ‘digital enabler’ a ‘innovation enabler’

“Ci stiamo muovendo essenzialmente su due direttrici: la prima è la graduale trasformazione da ‘digital enabler’ a ‘innovation enabler’ e per farlo stiamo allargando sempre più il nostro spettro di competenza.”

“Il digitale è stato, è e sarà, almeno per i prossimi tre o quattro anni, la singola leva più importante di innovazione in Italia,” spiega il Ceo. Rappresenta infatti “quella leva che consente alle aziende di entrare in diretto contatto con il proprio cliente, di accedere alla proliferazione di dati, di renderli sensibili e sfruttarli.”

“Tuttavia”, precisa Vitali, “l’azienda diventa man mano più complessa da gestire internamente, perché l’innovazione è sempre più veloce ed eterogenea. Per questo le aziende hanno sempre più bisogno di un vero e proprio partner che le aiuti a gestire tutte le leve dell’innovazione, quindi il digitale sicuramente, ma anche tutto il mondo dei dati, dell’Internet of Things, l’Artificial Intelligence, le blockchain.”

Alkemy è in grado di padroneggiare e sfruttare tutte le varie competenze e sfaccettature del digitale per aiutare le imprese a stare al passo con l’innovazione e migliorare concretamente il loro business model.

L’esportazione del modello all’estero nei Paesi del Sud Europa

Uno dei motivi per cui Alkemy è stata fondata è quello di “aiutare le aziende italiane ad essere più competitive rispetto a quelle del mercato anglosassone, dove già esistevano player simili a noi in grado di aiutare le imprese ad utilizzare il digitale per fare business.”

L’Italia dunque “è e rimarrà il nostro core business,” assicura il Ceo, ma “la seconda direttrice su cui ci stiamo muovendo è quella di esportare il nostro modello anche all’estero ed abbiamo identificato nel Sud Europa l’area in cui vogliamo espanderci.”

Questo perché “i Paesi anglosassoni e del Nord Europa sono più avanzati nel mondo del digitale, quindi in quei mercati esistono player già consolidati, mentre in Spagna, nei Balcani o in Francia c’è ancora spazio di manovra poiché non esistono realtà come la nostra.”

Il percorso di internazionalizzazione è già stato avviato con l’apertura di due uffici, uno a Belgrado due anni fa e un altro a Madrid l’anno scorso.

Un mix di crescita organica ed acquisizioni

Lungo le due direttrici illustrate “Alkemy punta a crescere non solo organicamente, ma anche attraverso acquisizioni selettive, sia in Italia per allargare le competenze sia all’estero per rafforzare il modello.”

“A livello nazionale, le acquisizioni ci aiutano a spostarci sempre più nel mondo dei big data, degli analytics, dell’Internet of Things, delle blockchain e non solo, aggregando realtà con esperienze specifiche nei diversi segmenti del digitale.”

“Quello che cerchiamo in Italia”, ribadisce Vitali, “non sono nuovi clienti, perché già lavoriamo con 80 delle 100 più grandi società e abbiamo relazioni solide. Ciò di cui abbiamo bisogno è diventare sempre più innovativi, integrando competenze distintive e di altissima qualità nella loro area specifica.”

Lo stesso vale in parte anche per l’estero, dove però “il focus è maggiormente concentrato sulla ricerca di team per scalare la crescita e avviare business ancora non attivi in quei Paesi.”

L’approccio Go-to-market e i centri di competenza trasversali

Alkemy opera con grandi aziende italiane e internazionali appartenenti a diversi settori, mentre non lavora con piccole imprese e con la pubblica amministrazione, dove,” spiega Vitali, “ad oggi abbiamo ritenuto che non ci siano le condizioni.”

“Il nostro approccio”, chiarisce l’Ad, “è diverso per ogni industry perché parte dalle esigenze del cliente.” Per cui Alkemy ha creato “una struttura di go-to-market, con consulenti di alto profilo che hanno un focus specifico sui singoli settori. Questi soggetti parlano con gli Ad e li aiutano a capire come le leve del digitale possano aiutarli a trasformare il business e raggiungere gli obiettivi.”

Dopodiché intervengono “centri di competenze, gestiti in maniera dedicata con esperti che supportano i clienti nel percorso di trasformazione.” Quindi ci sono “sviluppatori, esperti di communication, user experience e social, una parte di e-commerce con un magazzino dedicato, gestiamo attività di spedizione, packaging e fatturazione, divisioni di performance” e altri centri specifici, la cui attività è maggiormente trasversale e indipendente dal settore a cui il cliente appartiene.

Questo perché “il digitale sta cambiando il modello di business di tutti i settori. Quello che ci caratterizza è la nostra mission e la applichiamo trasversalmente a tutte le industries.”

Una struttura solida e ben amalgamata

Alkemy è stata fondata “per creare un ambiente in cui i tanti talenti italiani potessero esprimersi. Siamo nati senza un azionista di maggioranza. Fin dall’inizio abbiamo avuto un azionariato molto diffuso e una partecipazione molto forte di tutto il management, che prima della quotazione aveva oltre il 50% del capitale. Ad oggi,” spiega Vitali, “siamo una public company di fatto, nessun azionista ha più del 10% e tutto il management ha delle partecipazioni molto rilevanti.”

“La nostra è per certi versi una struttura aziendale matriciale, ma rispetto alle organizzazioni tipiche di questo genere,” specifica Vitali, “presenta questo punto di forza aggiuntivo. Tipicamente, infatti, tutti i capi sia dei verticali che delle business unit sono soci, incentivati a raggiungere lo stesso unico obiettivo, pertanto non ci sono conflittualità e la macchina lavora più di concerto.”

Un modello vincente che “verrà replicato anche all’estero, poiché il business è fortemente locale, gestito da un Ad che è anche socio molto forte, come già accade a Belgrado e a Madrid.” Il tutto sfruttando al contempo alcune specificità locali e condividendo, laddove possibile, il know-how, come “le piattaforme tecnologiche, alcuni profili senior e altre competenze di alto livello.”

Consolidare la base attuale di clientela e aumentare il fatturato medio per cliente

“Siamo un’azienda in forte sviluppo che cresce sostanzialmente più del mercato,” afferma l’Ad, “e lo dimostrano i risultati positivi che abbiamo conseguito nell’ultimo esercizio chiuso al 31 dicembre 2017.”

“Ora il focus è quello di mantenere i clienti attuali piuttosto che cercarne di nuovi. Su quelli di una certa dimensione (da 100mila euro in su) e su cui ci concentriamo, spiega Vitali, abbiamo un churn rate (anche noto come tasso di abbandono o tasso di defezione) prossimo allo zero.”

Prosegue il manager “già lavoriamo con 80-100 aziende tra le più grosse in Italia e non abbiamo una grande necessità di avere nuovi clienti. Ciò che noi facciamo con i clienti per cui lavoriamo è allargare sempre più lo scopo delle nostre competenze. In pratica, tradotto in numeri, aumentiamo il fatturato medio per cliente e, tradotto in risultati, riusciamo a fare progetti sempre più significativi, importanti e trasformativi per i clienti stessi.”

Le leve di sviluppo dei prossimi 18-24 mesi

“La maggiore penetrazione sui nostri clienti sarà la leva di crescita,puramente organica, che ci aspettiamo nei prossimi 18-24 mesi. Più in generale, prevediamo una crescita almeno in linea con l’andamento degli ultimi anni” sottolinea l’Ad.

“C’è poi un altro tema più discontinuo:siamo interessati ad ampliare le nostre competenze, soprattutto nel mondo degli Analytics o dell’Internet of Things, su cui riteniamo di essere un polo aggregante, e di crescere quindi tramite acquisizioni. È chiaro che, aggiunge Vitali, una volta acquisite queste competenze rafforzeremo ulteriormente le relazioni, già molto forti, con i clienti su cui siamo posizionati grazie alla leva dell’innovazione.”

Alkemy vanta un forte track record di successo. Come ricorda il manager, “nel 2013 volevamo acquisire la competenza di performance (Seo, ottimizzazione per i motori di ricerca), fondamentale per tutto il tema di trasformare il business, e abbiamo comprato una società da 180mila euro di Ebitda. Grazie alle nostre capacità di aggregazione, dopo 4 anni il margine operativo lordo è aumentato di 6 volte a 1,2 milioni.”

In sintesi, riassume Vitali, “da un lato abbiamo una crescita inerziale nell’aumentare sempre più la profondità dei progetti che realizziamo con i nostri clienti, dall’altro l’aggregazione di nuove competenze ci consentirà una crescita anche discontinua.”

Accelerare il business per coprire la forte domanda del mercato

“Non vediamo grosse discontinuità dal punto di vista di mercato, in quanto sui segmenti dove operiamo le aziende continuano a investire, generando quindi un commitment trainato dalla stessa domanda” precisa il Ceo.

“La chiave del successo è essere pronti con un’offerta adeguata, motivo per cui abbiamo anche accelerato il processo di quotazione per disporre risorse finanziarie che ci consentano di soddisfare pienamente una domanda sempre crescente. Il tutto tramite l’aggregazione di quelle conoscenze che ci permetteranno di allargare l’intera gamma del processo e fare il salto dimensionale.”

Ma il tema competitivo per Alkemy è più complesso. Una parte del business consiste, afferma Vitali, nel vendere solo “un ingrediente”, come,per fare un esempio banale, il rifacimento del sito corporate delle società, la creazione di canali e-commerce o l’implementazione di piattaforme CRM (Customer Relationship Management). “Nel 2013 questo business pesava per l’80%, mentre ora solo il 50%, perché – spiega l’Ad– ci siamo accorti che sul singolo ingrediente c’è una certa pressione sui prezzi, anche se noi riusciamo a farci comunque riconoscere la qualità del prodotto.”

Vitali prosegue: “il restante 50% del business (era il 20% nel 2013) consiste invece nel supportare il top management nei processi di trasformazione digitale dell’impresa e di interazione con i consumatori, attraverso l’ideazione, la pianificazione e l’implementazione di soluzioni innovative e progetti funzionali allo sviluppo e al rinnovamento del loro business. Ed è proprio su questo segmento che vogliamo puntare perché abbiamo poca competizione.”

Lo sbarco in Borsa è stato un successo e il passaggio all’MTA è previsto entro due anni

“La quotazione sul segmento Aim di Borsa Italiana è andata molto bene. Siamo riusciti a coprire per oltre 2,5 volte il book e a coinvolgere nomi molto importanti. Ora abbiamo una composizione dell’azionariato che vanta non solo nomi italiani ma anche soci provenienti da Inghilterra, Francia e Svizzera. Non esiste socio, puntualizza l’Ad, che abbia un peso specifico maggiore rispetto agli altri, in quanto preferiamo che il controllo rimanga ai dipendenti e manager che sono anche soci. Possiamo definirci una sorta di public company.”

Tra i nuovi soci si segnala la presenza di Tamburi Investment Partners che, attraverso il veicolo d’investimento StarTIP ha una quota pari al 7,9% di Alkemy. “Tamburi è uno di quei partner con cui c’è un arricchimento anche su tematiche finanziarie e data la sua forte vocazione industriale abbiamo già dei progetti su cui stiamo lavorando sul suo portafoglio clienti” è stato il commento di Vitali.

La decisione della quotazione all’Aim ha alla base due motivazioni differenti. “Da un lato, spiega il manager, ricercavamo delle figure, come i soci finanziari, in grado di supportarci per fare la differenza. Lo sbarco sul mercato lo vediamo come un ‘salto di livello’ per poter alzare l’asticella. La seconda valenza era accelerare il processo di crescita in un mercato dove vediamo tantissima domanda e, grazie agli oltre 20 milioni raccolti tramite l’aumento di capitale, abbiamo le risorse per puntare in alto.”

Vitali aggiunge: “vediamo l’Aim come un mercato di passaggio perché il nostro obiettivo in massimo due anni è passare al mercato maggiore. In particolare puntiamo al segmento Star. Lo sbarco sull’Aim ci ha permesso infatti di aggiungere nuove competenze (i soci finanziari) nel nostro Dna, di valorizzare il management e di raccogliere le risorse per accelerare la crescita con l’obiettivo entro due anni di passare allo Star.”

I conti crescono a doppia cifra nell’esercizio 2016

Il gruppo ha chiuso l’esercizio 2016 con ricavi pari a 34,8 milioni, in crescita del 21% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. Tale incremento è stato realizzato sia per linee interne con il contributo delle diverse Business Unit (1,8 milioni, che rappresenta il 6% della variazione rispetto al 2015), sia per linee esterne, tramite l’acquisizione di Bizup (4,2 milioni, che vale il 15% dell’incremento rispetto all’anno precedente).

L’effetto leva operativa spinge in avanti anche l’Ebitda che si attesta a 4,1 milioni, in progresso del 34% su base annua. Tale incremento significativo è relativo in linea generale a tutte le Business Unit, che hanno aumentato la propria profittabilità, grazie a un miglior mix dei prodotti venduti e dei servizi offerti, oltre che all’allargamento del perimetro.

Dinamica positiva anche per l’Ebit che cresce del 28% a 2,4 milioni. Balzo a, infine, dell’utile netto che raggiunge quota 1,2 milioni, in progresso del 30% rispetto al 2015.

Borsa

Alkemy ha debuttato lo scorso 5 dicembre sul segmento Aim di Borsa Italiana dopo aver raccolto, in fase di collocamento, 32,7 milioni, di cui 2,9 milioni rivenienti dall’esercizio dell’opzione di over allotment, con un flottante al momento dell’ammissione pari al 45,2% del capitale sociale.

Il Joint Global Coordinator, Intermonte Sim, ha successivamente esercitato integralmente l’opzione Greenshoe portando il flottante sul mercato pari al 49,8 per cento. L’ammontare complessivo della raccolta si è attestato a 32,7 milioni.

Il titolo ha riscontrato un grande successo nel primo giorno di quotazione chiudendo ad un prezzo pari a 12,41 euro, in rialzo del 5,6% rispetto al prezzo di collocamento (12 euro). In questa prima seduta sono state complessivamente scambiate 384.400 azioni.

Dal 5 dicembre fino a venerdì 2 febbraio (grafico qui sopra) le azioni Alkemy hanno guadagnato il 5,7% portandosi a quota 13,12 euro (prezzo di chiusura di venerdì 2 febbraio 2018), sovraperformando di oltre 5 punti percentuali il Ftse Aim Italia che ha segnato un rialzo dello 0,3% nel periodo in esame.

Criticità

“Il nostro è un business da domanda quindi la sfida sta proprio nell’essere rapidi a coglierla e soddisfarla” afferma il Ceo, spiegando che proprio questa caratteristica del mercato può dare uno stimolo per fare meglio e al tempo stesso generare una forte pressione dovuta alla continua evoluzione tecnologica.

Vitali definisce Alkemy “un business di persone, che si poggia molto sulle piattaforme,” e aggiunge “siamo in 350 con una eterogeneità di competenze molto particolare.” È proprio da qui che la società vuole partire e quindi diventare un’azienda da 500-1000 persone senza perdere le caratteristiche di imprenditorialità individuali e il contatto diretto col cliente.

“La scommessa di Alkemy, precisa il Ceo, è quindi detenere a tendere circa il 10% di un mercato che vale 2 miliardi in Italia e cresce a doppia cifra, circa il 13 per cento. Con inoltre un’attenzione all’estero, ed in particolare nel Sud Europa.”