La forza dell’euro

Quando pensiamo all’Euro, tendiamo quasi istintivamente a raffrontarlo in maniera nostalgica o polemica alla cara vecchia Lira, ridotta ormai a valore numismatico, o più concretamente al Dollaro, valuta principe degli scambi internazionali e di riserva.

Verso il biglietto verde (il Greenback, in gergo), come si vede nel grafico, la moneta europea ha intrapreso un processo di rivalutazione di circa il 18% in tre anni, quando calcolato rispetto ai minimi di marzo e dicembre 2015 e ancora di fine 2016.

Il movimento di rafforzamento dell’Euro, in realtà, trova pari e addirittura maggiore evidenza con almeno altre due valute importanti: il Franco Svizzero e la Sterlina.
Partendo da quest’ultima, è facile associarne l’indebolimento alla decisione di uscire dalla Ue, la cosiddetta Brexit, ma, a ben vedere, questo percorso comincia da più lontano: già da giugno 2015, un anno prima quindi, assecondato dalla politica monetaria della Vecchia Signora, come gli inglesi chiamano affettuosamente la Banca d’Inghilterra. Complessivamente, il ribasso della Sterlina, o il rialzo dell’Euro che dir si voglia, sfiora in questo caso il 30 per cento.

Guardando infine al Franco Svizzero, considerato la valuta rifugio per eccellenza, dopo la rivalutazione di inizio 2015, quando per acquistare un Euro occorreva meno di un Franco, complice la decisione della Banca Nazionale Svizzera di soddisfare qualsiasi ammontare di valuta della Conferazione il mercato richiedesse, ha quasi da subito intrapreso un movimento di progressivo indebolimento che lo ha riportato, contro Euro, non molto al di sotto del livello di partenza (rivalutazione complessiva dell’Euro di quasi il 20%).

Se è vero che la crescita dell’Unione sarà trainata in futuro principalmente dai consumi interni, il problema è relativo. Altrettanto vero è che esportare in queste aree confinanti diverrà un compito più difficile.