Intesa SP – Un’operazione benchmark che influenza il mercato

L’accordo siglato da Intesa Sanpaolo per la cessione dell’attività di servicing e di un rilevante portafoglio di sofferenze rappresenta un evento destinato ad avere importanti effetti non solo per l’istituto guidato da Carlo Messina, ma anche per l’intero settore del credito tricolore.

A essere chiamati in causa dalla mossa sono le altre banche ancora alle prese con le attività di de-risking e che gestiscono internamente l’attività di recupero crediti, nonché gli operatori del settore della gestione degli npl che vedono la nascita di un colosso in grado di influenzare le dinamiche competitive del comparto.

Questi aspetti non sono passati inosservati a Piazza Affari dove nella seduta odierna si assiste a un rialzo dei titoli bancari, sulla scia dell’attesa che la strada aperta da Intesa Sanpaolo possa essere seguita anche da altri istituti, mentre gli operatori specializzati nel recupero crediti mostrano una certa sofferenza.

Nella seduta di oggi poco prima delle 13:00 i titoli Intesa Sanpaolo segnano un rialzo dell’1,5% a 3,1 euro, ancora meglio fanno Banco Bpm che sale del 2,7%, Bper che guadagna il 3% e Ubi al rialzo del 2,1 per cento. Questo perché le tre banche indicate potrebbero decidere di seguire l’esempio di Intesa Sanpaolo, mettendo sul mercato anche la propria attività di recupero crediti. Un business che, secondo le stime di Equita, potrebbe valere 200 milioni per Banco Bpm e circa 90 milioni per Ubi e Bper.

Al contrario Cerved, uno dei principali operatori del settore della gestione dei crediti deteriorati è sotto pressione, mostrando un calo dello 0,2% a 9,8 euro, mentre l’altra società del comparto quotata a Piazza Affari, doBank, è leggermente positiva (+0,9% a 12,3 euro).

Ma esaminiamo l’accordo dal punto di vista di Intesa Sanpaolo, che è riuscita a trasformare in operazione vincente quello che è un cambio a 180 gradi rispetto alla strategia perseguita finora di gestione interna delle sofferenze. Politica che per anni è stata il fiore all’occhiello della banca guidata da Carlo Messina.

Ora però, anche se non sotto diretta pressione della Bce dato che il rapporto tra crediti deteriorati e totale crediti di Intesa Sanpaolo era considerato solido, il manager ha deciso di puntare ad un’ulteriore accelerazione di tale processo, puntando a posizionarsi a livello di eccellenza non solo nel panorama italiano ma in quello europeo. L’operazione risponde comunque alle aspettative dei regolatori in merito alla riduzione di npl del sistema bancario italiano.

L’accordo permette di ridurre l’incidenza di npl sui crediti complessivi al lordo delle rettifiche di valore sotto il 10% (al 9,6% dall’11,9%, considerando i dati a fine 2017).

Il tutto mantenendo quella che per Messina è una regola aurea e cioè non far sopportare agli azionisti costi straordinari per la cessione delle sofferenze. La valutazione del portafoglio ceduto di 10,8 miliardi, pari a 3,1 miliardi, corrisponde a una valutazione del 28,7%, un prezzo che si pone nella fascia più elevata delle aspettative.

Dal punto di vista finanziario, l’operazione permette a Messina di portare a casa una plusvalenza di 400 milioni già nel primo anno di avvio del nuovo piano industriale che dispiegherà i suoi effetti al 2021. Inoltre, la banca resterà azionista al 49% della nuova piattaforma che potrà giocare un ruolo da leader in un settore ancora vivace come quello della gestione dei crediti deteriorati, il cui sviluppo sarà agevolato dalle competenze specifiche apportate dal colosso scandinavo.