La svalutazione dello yuan, l’arma cinese contro i dazi di Trump

La minaccia americana di nuovi dazi sull’importazione dei prodotti cinesi, ma anche di quelli europei, sta spaventando alcuni mercati azionari.

Soffrono le piazze europee con Francoforte che risulta tra le più penalizzate nel settore automobilistico, che risente dei dazi non solo sull’alluminio ma anche sulle importazioni negli Stati Uniti di veicoli tedeschi.

La Cina, invece, ha cercato di smorzare i toni sedendosi al tavolo dei negoziati con Washington consapevole, tuttavia, che in questo momento i suoi margini di trattativa sono limitati.

Trump ha espressamente fatto della politica doganale una sua bandiera in campagna elettorale e sembra ora intenzionato a rispettare le sue promesse.

La Cina, dall’altra parte, può solo alzare i toni ma il livello delle sue esportazioni negli USA sono ben superiori alle importazioni americane nel Paese asiatico ed ha molto da perdere.

Di conseguenza, la nuova strategia di Pechino sembrerebbe puntare più sulla finanza che sul commercio.

Negli ultimi tre mesi lo yuan si è deprezzata del sei per cento nei confronti del dollaro, di cui il quattro per cento nelle ultime quattro settimane, rendendo le importazioni americane più costose sul mercato cinese.

Il livello del cambio è sceso ai livelli più bassi dal gennaio 2017 e nelle ultime sei sedute è continuato a calare.

Si tratta di un segnale trasversale che il presidente cinese sta inviando al suo corrispettivo statunitense che non si farà calpestare così velocemente e senza reagire.

L’indebolimento della divisa asiatica ha, tuttavia, già provocato notevoli scossoni sul mercato azionario interno, che dai picchi di gennaio è in fase di correzione avendo superato il venti per cento di discesa.

La svalutazione monetaria non è sicuramente guidata né dalle autorità cinesi, né tantomeno dalla banca centrale domestica, ma risulta sicuramente gradita a Pechino ed è pertanto assai probabile che questa opzione venga ulteriormente enfatizzata.

Il rischio che si possa ripetere sui mercati azionari lo stesso effetto domino dell’estate 2015 quando un’improvvisa svalutazione, sebbene di pochi punti percentuali, provocò una caduta degli indici del dieci per cento nelle tre settimane di agosto, è reale o per lo meno temuto anche in relazione all’attuale fase di lieve turbolenza delle ultime settimane sui mercati azionari.

Tornando al paragone con il 2015, lo yuan fu svalutato contro dollaro del 3,85%, ma lo scivolone degli ultimi due mesi è anche correlato con la forza del biglietto verde che sta impallinando tutte le valute emergenti, senza alcuna distinzione.

Sembra infatti che Pechino stia solo guardando con interesse questa strisciante svalutazione della propria divisa ben consapevole, tuttavia, che ulteriori recrudescenze nella guerra commerciale con gli Stati Uniti potrebbero spingerla ad utilizzare con più determinazione quest’arma di ritorsione monetaria, molto temuta dal resto del Mondo per le sue conseguenze su diverse “asset class”.