Kairos – L’opinione del gestore Michele Gesualdi sulle strategie alternative

Le società industriali che operano nel settore delle materie prime, quali petrolio e metalli industriali, le piccole banche Usa e alcuni tecnologici. Sono questi i temi forti, destinati a una crescita di lungo periodo, che sono stati individuati da Michele Gesualdi, gestore di LUX IM Kairos Liquid Alternative Strategies, un comparto della Sicav lussemburghese Lux Im lanciata da Banca Generali per imprimere una performance al proprio portafoglio. E nel mirino ci sono alcuni Paesi emergenti e titoli UK particolarmente penalizzati dalla Brexit.

“L’attuale momento è caratterizzato da una forte incertezza che determina un aumento della volatilità nel breve periodo. Il nostro approccio di gestione ci permette di affrontare in modo ottimale questo scenario. Noi infatti individuiamo delle tendenze strutturali di medio/lungo periodo che costituiscono l’ossatura della nostra asset allocation con l’obiettivo di ottenere una redditività stabile con volatilità contenuta”.

A parlare è Michele Gesualdi, gestore di LUX IM Kairos Liquid Alternative Strategies, un comparto della Sicav lussemburghese Lux Im lanciata da Banca Generali nel mese di aprile. Market Insight ha fatto il punto con il gestore per capire come affronta l’attuale contesto di mercato caratterizzato da nuovi scenari macroeconomici e da nuove dinamiche competitive tra gli Stati.

Il fondo ha la possibilità di investire in modo flessibile su diverse asset class cercando di ottimizzare la volatilità con l’obiettivo di mantenerla al di sotto del 4/5% ottenendo al contempo un congruo rendimento rispetto al rischio.

“Investiamo con una strategia long short cercando temi alternativi, che possono riguardare settori industriali, valute o commodity, sui quali puntiamo in modo flessibile attraverso diversi strumenti. Generalmente scegliamo fondi specializzati da noi selezionati che svolgono l’attività di stock picking. Preferiamo, invece, non puntare sugli Etf”, spiega Gesualdi.

In questo momento com’è strutturata la vostra asset allocation?

Michele Gesualdi

Generalmente la componente azionaria rappresenta una quota compresa tra il 20% e il 40% del nostro portafoglio. Attualmente siamo al 30%. La scelta deriva dal fatto che vi sono elementi di fondo contrastanti.

Da una parte, infatti, non pensiamo di essere già arrivati alla fine del ciclo espansionistico, dall’altra diversi fattori suggeriscono che non sia il momento per essere aggressivi.

Dal nostro punto di vista è però tatticamente molto importante non solo la quota ma la composizione di questo 30%, che rappresenta l’esposizione al rischio netta, visto che è la sintesi di posizioni lunghe e corte.

Quali sono i temi su cui avete puntato nella vostra selezione di portafoglio?

La crescita economica ha determinato un aumento della domanda di materie prime che non si è tradotta per diverse ragioni in un corrispondente incremento dell’offerta, che a sua volta era stata ridotta durante la fase di crisi dell’economia.

Riteniamo che questo scompenso rappresenti una tendenza di lungo periodo e che lo squilibrio che si è creato apra un’opportunità di investimento.

Su questo tema abbiamo investito la metà della componente azionaria, una quota quindi che rappresenta circa il 15% dell’esposizione netta al rischio. La restante parte, invece, è allocata nei settori finanziario, consumer e tecnologico.

Su quale tipo di commodity avete puntato?

In questo caso non abbiamo investito direttamente sulle commodity, ma su azioni di società collegate al comparto. Al loro interno circa la metà è rappresentato da titoli legati al settore dell’oil e l’altra invece da gruppi che operano nelle materie prime industriali.

Riteniamo infatti che, mentre si è visto un recupero dei prezzi dei metalli industriali, le quotazioni delle aziende che operano nel settore siano rimaste indietro, tranne alcuni casi come Rio Tinto e Anglo American.

Pensa a una ripresa del prezzo del petrolio e delle materie prime?

Per quanto riguarda il prezzo del petrolio è difficile fare previsioni puntuali. Posso dire che tra 6-12 mesi mi attendo una quotazione del barile superiore a quella attuale, ma nel breve periodo potrebbe esserci molta volatilità e le politiche dell’Opec che vogliono incrementare notevolmente la produzione potrebbero non favorire un rialzo nel breve periodo.

Nel settore finanziario dove avete individuato le maggiori opportunità?

Pensiamo sia interessante il comparto delle piccole banche americane le cui quotazioni non hanno ancora beneficiato dei rialzi che hanno caratterizzato l’andamento delle grandi star del comparto.

Si tratta a nostro avviso di un’anomalia poiché sono anch’esse esposte a tutti gli elementi, dalla riduzione della pressione fiscale all’incremento dei tassi, che hanno favorito i conti economici e l’andamento di Borsa degli istituti di credito di maggiori dimensioni.

Le banche europee invece non rappresentano un’occasione, magari dopo i recenti ribassi soprattutto di quelle italiane?

Preferiamo selezionare quei temi che presentano minori incertezze e sui quali riteniamo vi siano elementi più chiari che motivino un’aspettativa di crescita. Pur essendoci elementi positivi anche per gli istituti di credito europei, i corsi di Borsa possono essere influenzati da fattori, come per esempio quello politico in Italia, il cui esito è meno chiaramente prevedibile.

Il tutto in un contesto in cui la Bce ha annunciato la fine del programma di Quantitative Easing che diminuirà la liquidità sul mercato. I rischi su questo mercato non compensano i rendimenti attesi.

Per i tecnologici non siamo arrivati al capolinea come quotazioni?

Sono anni che si teme che le quotazioni delle aziende di questo settore abbiano raggiunto i loro massimi, invece, le previsioni si sono rivelate errate. La riforma fiscale americana, accompagnata dalla forza dell’economia e dalla posizione di leadership delle azioni del comparto creano un momentum tale che non si vede una fine a breve.

Quanto rappresenta la componente del portafoglio investita in obbligazioni?

Attualmente è pari a zero. Non siamo assolutamente esposti al comparto credito che presenta rischi non inferiori al comparto azionario, ma con prospettive di rendimenti inferiori. Pensiamo infatti che vi sia su questo settore un rischio di liquidità da non trascurare.

Quali saranno i temi su cui punterete nei prossimi mesi?

Stiamo tenendo d’occhio alcuni Paesi emergenti come Cina, Brasile e Russia. Potrebbe inoltre essere venuto il momento per tornare a scommettere sulla Borsa britannica. Negli ultimi due anni il mercato del Regno Unito è stato schiacciato dal forte stress creato dalla Brexit, stiamo valutando le opportunità che si sono create.

Per quanto riguarda i Paesi emergenti siamo pronti a cogliere il momento opportuno per entrare su alcuni mercati. Per esempio era da un po’ che osservavamo l’andamento del mercato brasiliano sul quale ci attendevamo una certa volatilità. Poi è sceso del 30% creando un’interessante occasione di acquisto.

Nei Paesi emergenti, al contrario di quelli più sviluppati, riteniamo che sia interessante investire anche nel settore del credito.

Ma non presenta maggiori rischi?

No, anzi riteniamo che siano inferiori poiché si tratta di Paesi che presentano mediamente un indebitamento pubblico inferiore alle economie avanzate, regola che vale anche per molti gruppi privati, e allo stesso tempo i tassi di crescita delle economie sono superiori.