I dazi americani creano nuove turbolenze

I corposi rimbalzi dei mercati finanziari e in particolare del Dow Jones (tornato prepotentemente sopra la media mobile a 200) sembravano aver messo in soffitta i timori per l’applicazione dei nuovi dazi doganali da parte di Trump nei confronti della Cina e dell’Europa.

La notizia che Trump sembra deciso ad applicare altri dazi su 200 miliardi di importazioni cinesi con una tariffa supplementare del dieci per cento ha ridato ieri qualche speranza ai ribassisti, da alcuni giorni ormai rassegnati nel vedere superati nuovi massimi storici a Wall Street entro la metà dell’estate.

La comunicazione ha provocato una vera carneficina sulle quotazioni delle materie prime, collassate tutte indistintamente, dal petrolio al rame fino alle commodities agricole, tra i tre ed i cinque punti percentuali in una sola seduta.

Improvvisamente, con cadenza circa infrasettimanale, ricompare infatti l’incubo che una guerra commerciale possa spingere una buona parte delle economie mondiali in recessione, o direttamente attraverso una contrazione della domanda di beni e servizi o indirettamente a causa del rafforzamento del dollaro, che sta penalizzando significativamente alcune economie emergenti.

Il settore industriale statunitense non è l’unico che rischia di essere penalizzato dalle ritorsioni europee e cinesi. Nella lista c’è anche quello agricolo; gli Stati Uniti sono infatti il primo produttore mondiale di soia, materia prima di cui la Cina è la principale consumatrice.

Trump può alzare la voce consapevole che ha margini elevati di trattativa con la Cina per ridurre il deficit commerciale a suo sfavore nei confronti della prima economia asiatica.

Pechino non resterà comunque a guardare. La svalutazione dello yuan è ripartita negli ultimi tre mesi e la divisa locale si è già deprezzata del sette per cento rispetto al dollaro, compensando una buona percentuale dei dazi applicati. La Cina guarda inoltre a nuovi mercati. La produzione di soia russa coltivata nei pressi dei confini cinesi è triplicata negli ultimi mesi e compenserà parte di quella statunitense diventata più cara.

A rischio ci sono anche le aziende tecnologiche a stelle e strisce che esportano e producono i loro prodotti ed alcuni componenti all’interno della seconda economia mondiale.

L’eventuale penalizzazione di questo settore allarga qualche ombra sul cammino trionfale del Nasdaq, finora praticamente risparmiato dalle nubi della contesa commerciale che si sono invece riversate, a diverse riprese dallo scorso febbraio, sullo S&P500 e in particolare sul Dow Jones, l’indice più penalizzato.

Mercati ed investitori stanno valutando, e lo faranno per tutti i prossimi mesi, l’impatto dei reciproci dazi e delle misure di ritorsione che verranno applicate e qualche turbolenza sarà da mettere in conto, tenendo sotto stretta osservazione anche le difficoltà dei mercati emergenti e la forza del dollaro.