Classifiche Aim – Grifal è la regina delle neo quotate 2018 con più 132,69%

Sono ventidue le società che hanno varcato i portoni della Borsa optando per il segmento AIM in questi primi otto mesi del 2018. Dinamica nel complesso positiva anche perché si è verificata una decisa accelerazione a luglio ed agosto dopo la stasi di aprile maggio e giugno.

Ed il tutto in un anno partito con il vento in poppa perché il 2017 ha sancito il successo dei PIR e l’adozione di alcuni interventi legislativi atti a favorire l’approdo al listino anche alle PMI.

Tutto ciò ha migliorato lo scenario complessivo di operatività dell’Aim e spinto molti imprenditori ad entrare nell’ottica di quotare le proprie aziende. Questo anche perché l’afflusso di liquidità ha dato avvio alla risoluzione di uno dei principali problemi che per troppo tempo ha ingessato il mercato: la mancanza di scambi.

In sostanza si sono create le condizioni per ridare forza ai mercati finanziari, integrandoli in modo più funzionale in un mondo in cui le regole europee, il quadro macro-economico e le opportunità per gli attori della finanza, a partire dalle banche, spingevano verso soluzioni propositive.

Uno scenario che però in alcuni momenti si è dovuto scontrare con fattori esogeni non favorevoli, tanto che il mercato ha vissuto fasi alterne. E così, delle 22 società approdate al listino solo nove mantengono valori superiori a quelli a cui sono state offerte agli investitori (vedere tabella in pagina).

Pattuglia guidata da Grifal, che sin dal primo giorno ha imboccato il percorso di crescita ed ancora oggi, dopo aver toccato il picco a quasi 10 euro, mantiene una performance di oltre il 132% rispetto ai prezzi a cui sono stati offerti agli investitori. Il tutto in 53 giorni di Borsa.

Un grande successo per la società e chi ha creato le condizioni di una performance di eccellenza. Una nota di merito deve quindi essere riservata a tutti coloro che hanno partecipato al lavoro (Advisor, Nomad, Avvocati e consulenti vari) ma in particolare alla Famiglia Gritti, con Fabio, il figlio del fondatore, alla guida del gruppo, mentre la responsabilità della comunicazione finanziaria e dei rapporti con gli investitori ed il mondo della finanza è stato di competenza di Giulia, nipote del fondatore e figlia di Fabio.

Una ricostruzione necessaria per approcciare due temi di grande valenza per il successo dell’avventura in Borsa: la capacità di comunicare e la disponibilità di materia prima da comunicare.

Elemento, quest’ultimo, sicuramente centrale quanto e forse più del primo come testimonia il successo di Grifal: una lunga storia (oltre 50 anni) nella quale è stato messo a punto un modello organizzativo di successo entrando in un business (imballaggi in cartone ondulato) potenzialmente dirompente grazie anche alla capacità innovativa (ricerca e brevetti registrati) che da sempre caratterizza il gruppo pure sul fronte del modello di sviluppo (impianti presso i principali clienti).

Caratteristiche presenti anche in chi, come Vimi Fasteners si conferma società internazionale leader di mercato seppur in un segmento di nicchia. Una società che però in Borsa non è ancora riuscita ad esprimere le proprie potenzialità in quanto le quotazioni attuali ripropongono esattamente il prezzo di collocamento dopo aver oscillato sospinta più da fattori esogeni che interni.

È doveroso ricordare al riguardo che Vimi é trattata all’AIM da giovedì 2 agosto ed in queste due settimane sono subentrati eventi esogeni di una certa rilevanza.

Da un lato si è infatti accentuata l’incertezza sull’evoluzione di alcuni preoccupanti temi di geo-politica come l’esplosione della crisi turca quale effetto dirompente di alcune scelte di Trump a partire dalla leva dei dazi in una logica di America first.

Nel contempo lo spread ha ripreso a ballare, scaricandosi su segmenti importanti della nostra Borsa, a partire dalle banche, anche per l’insipienza dei governanti. Soggetti più attenti ai sondaggi che ai bisogni reali del Paese e dei suoi cittadini.

Insipienza riproposta anche in una occasione tragica come il disastro di Genova, dove martedì 14 hanno perso la vita oltre 40 persone, altre sono ancora disperse e più di dieci sono gravemente ferite. E tutto ciò perché è crollato il ponte simbolo della città e di una fase centrale dell’industrializzazione del Paese: gli anni Sessanta.

Un crollo i cui effetti sono e saranno pure economici, oltreché sociali. Questo in quanto la tragedia ha reso palesi i fallimenti della classe dirigente, e non solo di quella politica, ma anche di quella società civile che è eccellente nel dire no, ma che non è stata capace di elaborare una sola idea propositiva e capace di raccogliere il consenso per vincere.

E tutto ciò, purtroppo, assume una valenza particolare per il Movimento 5 Stelle, essendo genovese proprio il suo fondatore e guida, Giuseppe Grillo.  Colui che è stato l’artefice del successo del movimento come hanno testimoniato le elezioni del 4 marzo che hanno portato il Movimento, assieme alla Lega, in prossimità di un potere pressoché assoluto.

Un potere che però, se guardiamo ai fatti ed alle prospettive, sino ad ora è stato gestito decisamente male. Elementi presenti pure nel piccolo mondo della finanza come testimoniano i dati borsistici di un anno partito con il vento in poppa e attese eccellenti.

Scenario svanito a valle delle elezioni, quando il sentiment del mercato è cambiato e lo ha fatto in attesa di conoscere gli indirizzi e le scelte dei vincitori il cui start è stata un blocco durato quasi tre mesi. Un’attesa che resta tale ancora oggi, proprio mentre oltre la metà di titoli approdati all’AIM tratta a valori inferiori a quelli a cui erano stati offerti agli investitori.

Sentiment riproposto nel flusso delle nuove quotazioni, sostanzialmente interrottosi nel secondo trimestre per poi riprendere forza a luglio per toccare punte di eccellenza ad agosto, con una quotazione al giorno prima dell’interruzione estiva.

Dinamica all’interno della quale si esprimono quelle potenzialità che restano decisamente elevate come elevate si confermano le condizioni per trasformare le potenzialità in comportamenti ed atti concreti.

In sostanza ci sono pressoché tutte le condizioni per una radicale trasformazione del rapporto fra impresa e finanza, così come ci sono tutte le condizioni affinché riprenda il circuito virtuoso i cui effetti si potrebbero estendere a tutto il mondo reale e non solo al ristretto mondo della finanza.

Non dobbiamo dimenticare che il mondo delle PMI ha avviato un faticoso, impegnativo, ma indispensabile percorso di trasformazione per poter competere con successo in un mondo globalizzato.

Piccolo è bello, ma medio-grande è ancora meglio. E la strada dei mercati finanziari potrebbe essere quella vincente per chi ha le idee chiare, la volontà di perseguirle e le condizioni per trasformarle in realtà.

Scenario a cui potrebbe dare un contributo importante anche il mondo creditizio, stretto oggi fra i vincoli europei, la fine del quantitative-easing ed il permanere di un differenziale sui tassi che lascia poche illusioni sulla possibilità di ricreare le favorevoli situazioni pre-crisi anche senza considerare i continui moniti delle autorità monetarie.

Resterà comunque decisivo l’atteggiamento della politica in quanto la trasformazione delle nostre imprese dovrà essere accompagnata dalla soluzione di molte di quelle tematiche che oggi penalizzano il nostro Paese con i suoi lavoratori e le sue imprese.

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