La politica di Trump e la forza del dollaro

Il deciso avanzamento del biglietto verde partito ad inizio anno da 1,25 rispetto alla moneta unica si è infranto, al momento, contro la barriera di 1,13 in quello che sembrava un passo spedito ed inarrestabile verso il traguardo di quota 1,10.

Dalla seduta di Ferragosto ad oggi, il dollaro è scivolato in cinque sedute al di sotto del livello di 1,16 in scia al secondo round degli attacchi di Donald Trump alla Fed.

Le esternazioni presidenziali hanno pesato sulla divisa americana, malgrado i segnali tecnici indichino che la valuta più scambiata al mondo continua a mantenere una traiettoria di crescita ancora molto solida.

Ad inizio settimana Trump ha criticato la Fed per l’aumento dei tassi di interesse, sia passato che quelli previsti in futuro, ribadendo di non essere favorevole alla politica restrittiva della Banca Centrale e sostenendo che l’autorità monetaria non stia operando nell’interesse del Paese continuando ad aumentare il costo del denaro.

Il Presidente aveva usato le medesime parole per indicare il suo disappunto quando attaccò la Fed il 19 luglio.

Tuttavia, questa volta, sembra sussistere una situazione diversa rispetto a quella in cui le affermazioni di Trump provocarono il crollo della divisa nazionale del 12% dal gennaio 2017 al febbraio 2018 quando sostenne che la valuta forte poteva seriamente compromettere la crescita economica domestica. Nello specifico:

  • Il dollaro si trovava al massimo da quattro anni ed aveva raggiunto il picco di 1,05 rispetto all’euro.
  • Ad inizio 2017, l’economia statunitense stava rallentando mentre quelle europee e cinesi stavano, al contrario, accelerando. Ora la situazione si è capovolta.
  • I tassi di interesse a stelle e strisce sono saliti dallo 0,5% al 2,00% nel corso degli ultimi diciotto mesi e attraggono capitali verso il settore obbligazionario domestico
  • Nel corso dello scontro commerciale mondiale sull’applicazione di nuovi dazi, il dollaro è diventato la principale valuta rifugio.

I POTENZIALI RISCHI ALL’ORIZZONTE

L’economia americana viaggia a gonfie vele e non si intravede quali elementi potrebbero fermare o rallentare la corsa del dollaro.

Nel corrente trimestre il Pil USA è previsto ancora in crescita di oltre il tre per cento mentre le economie europee potrebbero ulteriormente decelerare.

I profitti delle aziende sia quotate che non continueranno a crescere in virtù della riforma fiscale dello scorso anno convogliando altri flussi finanziari sui mercati americani che dovrebbero rinforzare o per lo più mantenere invariato l’interesse degli investitori nei confronti del biglietto verde.

L’aumentare del deficit e del debito pubblico sono gli unici elementi negativi che potrebbero impattare sulla forza del dollaro, ma difficilmente entro la fine di questo anno.