Europa e la Bce – I prossimi passi della Banca Centrale

L’Eurozona non sembra in grado di sfruttare l’abbrivio dell’economia americana la quale, per la prima volta in dieci anni, ha superato il ritmo di crescita del tre per cento su base annua.

I recenti dati hanno evidenziato una crescita continentale dello 0,2% nel terzo trimestre, la più modesta in quattro anni.

Con il blocco dei 19 Stati dell’area euro che inizia a rallentare, in virtù della debolezza dei pesi massimi quali Germania e Francia, Bruxelles inizia a fare pressioni sulla Bce affinché continui a sostenere l’anemica crescita europea attraverso il prolungamento degli attuali stimoli.

In precedenza, gli economisti avevano predetto una crescita allo 0,4%, ma le preoccupazioni per il commercio internazionale, il peggioramento della “business confidence”, la sfiducia verso il nuovo Governo italiano e il pensiero per la prossima politica monetaria più accomodante hanno tutti insieme contribuito alla modesta performance dello scorso trimestre.

L’Italia ha evidenziato un andamento piatto, sotto pressione sul fronte del debito pubblico e con i rendimenti che si sono decisamente impennati sotto la spinta di un piano economico di sviluppo non gradito dall’Unione Europea.

Tuttavia, mentre la Bce è sul punto di alzare i tassi di interesse i governi sembrano, invece, indirizzati ad aumentare le spese con un impatto negativo sui livelli già assai elevati di debito. L’impatto sui consumi potrebbe non essere marginale, affossando la già fragile ripresa nell’area euro, in virtù del calo della fiducia dei consumatori evidenziata nel terzo trimestre al livello più basso da inizio anno.

BCE SENZA MUNIZIONI

Secondo una recente analisi del Centro della Ricerca Economica e sul Business (CEBR), il rischio di una prossima recessione europea nell’area euro entro il 2020 è aumentato dal 20% al 33 per cento.

Nei mesi successivi l’ultima crisi finanziaria, sia i governi che le banche centrali erano entrati pesantemente in campo per rilanciare la crescita.

I primi hanno adottato politiche di spesa che hanno appesantito i vari debiti pubblici, mentre le seconde hanno abbassato i tassi di interesse per evitare ulteriori conseguenze ancora più onerose sui debiti.

Con tassi ai minimi storici e centinaia di miliardi di euro che hanno inondato i mercati, i fautori di un’economia keynesiana avrebbero sperato in un’economia che fosse cresciuta a pieno regime.

In realtà, il risultato è sempre stato al di sotto delle attese e in particolare proprio in Europa.

Nel caso in cui la situazione di rallentamento fosse irreversibile e ci si avvicinasse ad una nuova recessione, evento non improbabile dopo dieci anni ininterrotti di un ciclo espansivo, la Banca Centrale Europea si troverebbe spiazzata con i tassi ancora ai minimi termini e con il rischio che l’inflazione riparta in diversi Paesi.

La storia potrebbe ripetersi come nell’ultima recessione con le principali economie costrette, tuttavia, a tagli di spesa per non appesantire deficit e debiti.

L’IMPATTO SULLE BORSE EUROPEE

Molti indici continentali sembrano avere già anticipato questa fase di debolezza dell’economia europea e hanno scontato ribassi che, in alcune piazze, hanno sfiorato o già superato anche il 20% rispetto ai massimi storici o a quelli di periodo.

Nelle scorse sedute la situazione si è un po’ stabilizzata, approfittando del rimbalzo dei listini americani in scia al risultato delle elezioni di medio termine uscito come previsto.

La capacità di reazione è sembrata comunque debole e alcuni listini europei sembrano più esposti verso ulteriori affondi ribassisti.

La recentissima ulteriore debolezza dell’euro nei confronti del dollaro non ha particolarmente giovato ai listini europei, depressi anche dal calo di quasi tutte le più importanti materie prime ed in particolare del petrolio, sceso del 22% dallo scorso 3 ottobre.

Small e Mid Cap risultano i settori sempre più penalizzati nella prima fase di correzione, fenomeno riscontrabile anche sul versante americano con il Russell 2000 che ha sotto-performato.

Il futuro breve è nelle mani di Wall Street che potrebbe salvare, grazie al solito rally di Natale, i mercati azionari europei da un’ulteriore fase di correzione.

In questa prospettiva, molti evocano un ulteriore intervento della Bce, una serie di Quantitative Easing infinito che potrebbe anche materializzarsi ma che potrebbe anche essere controproducente per lo stesso mercato, incapace di progredire senza aiuti governativi o monetari.

La banca centrale europea si trova, di conseguenza, tra l’incudine e il martello e cercherà di muoversi in relazione alla pubblicazione dei prossimi dati economici, restando possibilmente allineata alle politiche già annunciate nei mesi scorsi.