Mercati Usa – Luci e ombre nella settimana del Black Friday

La scorsa ottava è iniziata con un lunedì e martedì piuttosto foschi, seguiti da un rimbalzo mercoledì che sembrava convincente ma che è evaporato nel finale e si è concluso con esito negativo anche nella giornata conclusiva post festivo.

Il bilancio settimanale vede lo S&P500 in calo del 3,8%, mentre nell’ultima decade l’indice è salito mediamente, nell’ottava festiva, dell’1,3 per cento.

Da inizio anno, invece, il listino dei 500 titoli ha registrato un arretramento dell’1,5% ed è tornato ai livelli del 30 novembre 2017. Nel complesso, l’indice perde il 10,5% rispetto ai massimi di ottobre.

Il Dow Jones, invece, ha lasciato sul terreno il 4,4% la scorsa settimana ed è in calo dell’1,8% da inizio anno. Dal punto di vista tecnico non è ancora in fase di correzione, avendo perso il 9,9% rispetto ai massimi storici.

Il Nasdaq è sceso del 4,3% nella settimana del Ringraziamento, uno shock visto che negli ultimi 20 anni ha guadagnato in media l’1,3%. Il listino tecnologico ha ora perso il 14,7% dai massimi di agosto, ma rimane in positivo di 3 punti percentuali rispetto a inizio anno.

Infine, il Russell 2000 scivola del 14,5% rispetto al massimo storico e del 3 per cento da inizio anno, con la quotazione che è tornata al livello di fine settembre 2017.

Nel mese di novembre degli ultimi dieci anni non era mai accaduto che gli indici vi arrivassero con una performance negativa o appena positiva come quella del listino tecnologico.

Tuttavia, quello che è in realtà più significativo, e anche preoccupante, è il livello di distruzione di valore in numerosi titoli quotati che non traspare nell’ancora modesta correzione degli indici.

In particolare, nel solo NYSE (New York Stock Exchange) ben 438 titoli hanno sofferto perdite comprese tra il 40% e il 94% rispetto ai massimi storici, inclusi alcuni nomi molto noti quali General Electric.

Se analizziamo, invece, anche il Nasdaq, e in particolare la pattuglia allungata dei FANGMAN, la situazione è leggermente migliore, ma evidenzia la crescente difficoltà del settore tecnologico, da sempre il traino principale di questo decennale rialzo.

I sette nomi pesanti sotto indicati hanno perso un trilione di dollari di capitalizzazione negli ultimi tre mesi, piombando quasi tutti, ad eccezione di Microsoft, in fase di “bear market” (-20% rispetto ai massimi).

Lo scorso venerdì, il pacchetto di titoli ha perso l’1,3%, ed il 6,7% nella settimana del Thanksgiving con una riduzione della capitalizzazione complessiva per 259 miliardi di dollari.

Guardando infatti ai singoli titoli, la situazione sembra piuttosto compromessa. Di seguito la diminuzione di valore e la percentuale di discesa dai massimi:

  • Facebook: -$250 billion (-39,8%)
  • Amazon: -$255,3 billion (-25,7%)
  • Netflix: -$69,5 billion (-38,2%)
  • Google: -$170,2 billion (-19,3%)
  • Microsoft: -$92,5 billion (-10,5%)
  • Apple: -$304 billion (-27,1%)
  • NVIDIA: -$87,4 billion (-49,7%).

Il salvatore della patria è al momento Microsoft, la seconda società al Mondo per valore di mercato e che potrebbe presto superare Apple, tornata ai livelli dello scorso maggio.

In base a questo scenario, le possibilità di ulteriori affondi degli indici sembrano reali.

Tuttavia, il quadro tecnico non sembra così compromesso. Nel settore della tecnologia, il Nasdaq viaggia ancora al di sopra della trendline rialzista del 2009.

Un accordo tra Usa e Cina sui dazi nel prossimo week end potrebbe lanciare Wall Street verso un forte rally natalizio, cavalcando sia il notevole ipervenduto del mercato che la necessità di chiudere parecchie posizioni short le quali sperano, invece, nella rottura al ribasso dei minimi dello scorso febbraio.