Banche – Sale il risultato lordo di gestione (+7%) nei 9M 2018

Il comparto bancario nel suo complesso, nei primi nove mesi del 2018, ha registrato un margine di intermediazione di 41,7 miliardi, un valore in linea con quello del periodo di confronto. La tenuta dei ricavi, accompagnata da una riduzione dei costi operativi, ha portato il risultato lordo di gestione delle banche prese in esame a 18,2 miliardi (+6,5% a/a). Le rettifiche sui crediti sono significativamente diminuite (-52,1% rispetto ai primi nove mesi del 2017), denotando un miglioramento della qualità dell’attivo. Il periodo si è chiuso con un utile netto sceso a 6,7 miliardi (-17,6% annuo), con il 2017 che però includeva alcune voci straordinarie sia positive che negative, con i 3,5 miliardi del contributo pubblico concesso a Intesa Sanpaolo per preservare i coefficienti patrimoniali nell’ambito dell’acquisizione delle ex venete, i 4 miliardi di extra rettifiche di Mps relative al portafoglio da 24,5 miliardi di Npl in seguito cartolarizzate e 2,1 miliardi contabilizzati da UniCredit grazie alle cessioni di Pioneer e di Pekao.

La fotografia dei bilanci dei primi nove mesi del 2018 delle banche quotate a Piazza Affari è nel complesso positiva. Tuttavia, bisogna precisare che l’anno in corso è stato caratterizzato dall’introduzione del principio contabile Ifrs9, che ha impattato su alcune delle più importanti voci di conto economico, rendendo non del tutto confrontabili i dati con quelli dello stesso periodo del 2017.

La tabella sottostante riunisce i principali dati economici delle banche quotate a Piazza Affari.

Il margine di intermediazione aggregato dei titoli del comparto nei primi nove mesi si è attestato a 41,7 miliardi, un valore sostanzialmente allineato a quello del periodo di confronto. Al suo interno, tuttavia, si registra un andamento differente per le banche maggiori che appartengono all’indice Ftse Mib rispetto a quelle più piccole incluse nei segmenti Mid e Small Cap.

Il periodo in esame è stato caratterizzato da un difficile contesto di mercato a causa dell’incertezza politica, che si è riflessa nell’allargamento dello spread Btp-Bund, soprattutto nel secondo e nel terzo trimestre.

I ricavi core, margine di interesse e commissioni nette, hanno mostrato nel complesso una buona tenuta, mentre i profitti da trading hanno risentito delle oscillazioni dei mercati.

Tutti gli istituti del segmento Ftse Mib hanno avuto un incremento del margine di intermediazione, ad eccezione di UniCredit (-1,1% rispetto ai primi nove mesi del 2017) per una diminuzione dei profitti da trading.

Meno favorevole l’andamento delle banche di minori dimensioni appartenenti ai segmenti Mid e Small Cap hanno subito tutte una contrazione del margine di intermediazione, tranne Credem che ha mostrato una buona resilienza.

Nel segmento Mid Cap, Mps ha evidenziato un calo del margine di intermediazione, per il venire meno dell’impatto positivo legato al burden sharing (+503 milioni) e dei proventi generati dal merchant acquiring in seguito alla cessione.

Tra le Small Cap, un discorso a parte merita Carige, il cui margine di intermediazione  aumentato per il venire meno soprattutto delle componenti non ricorrenti che avevano impattato nel periodo gennaio-settembre 2017, legate alle minusvalenze su alcuni portafogli di Npl ceduti e contabilizzate nei profitti da trading.

Passando al risultato lordo di gestione, si nota come nel complesso sia migliorato (+6,5% annuo) rispetto ai primi nove mesi del 2017. Anche per questa voce la tendenza ha ricalcato l’andamento del margine di intermediazione, ossia, positivo per le banche del segmento Ftse Mib e negativo per le Mid e Small Cap.

Nel complesso, le banche hanno confermato gli enormi progressi sul fronte del contenimento dei costi, anche se in alcuni casi essi non hanno compensato del tutto il calo del margine di intermediazione.

Tra le Mid Cap c’è da segnalare Creval, poiché ha chiuso il periodo in esame con diminuzione del 50,5% annuo del risultato operativo lordo rispetto al corrispondente periodo del 2017. La motivazione è da ricercare nei maggiori costi operativi derivanti da spese per il personale dopo i nuovi accordi sindacali e ad oneri correlati alla cartolarizzazione di Npl ceduti. Tra le Small Cap, Carige è riuscita a diminuire il deficit del risultato lordo di gestione.

Le rettifiche sui crediti, nel complesso, sono state pari a 5,7 miliardi, in significativo miglioramento rispetto agli 11,9 miliardi dei primi nove mesi dell’anno precedente (-52,1% a/a). Buona parte del miglioramento è attribuibile a Mps. Infatti, il bilancio della banca senese nel periodo gennaio-settembre comprendeva 4 miliardi di rettifiche per l’operazione di pulizia straordinaria delle sofferenze.

Per quanto riguarda Carige, le rettifiche su crediti sono aumentate (+13,9% a/a) anche a seguito dell’ispezione della Bce su un portafoglio di crediti, che ha penalizzato in particolare i conti del terzo trimestre.

Il periodo si è chiuso con un utile netto di 6,7 miliardi (-17,6% a/a). Tuttavia, a livello bottom line i risultati delle banche in esame sono stati influenzati nell’arco di tempo in esame da numerosi fattori straordinari che esamineremo di seguito.

Il dato di Intesa Sanpaolo mostra una diminuzione del 48,8% annuo dell’utile netto perché tiene conto dei 3,5 miliardi cash ricevuti e iscritti a bilancio nei primi nove mesi del 2017 per il contributo pubblico a compensazione degli impatti sui coefficienti patrimoniali derivanti dall’acquisizione di alcune attività delle ex banche venete. Senza considerare questa cifra, l’utile netto di Intesa Sanpaolo si sarebbe incrementato del 26,1% rispetto al periodo di confronto.

Per quanto riguarda UniCredit, l’utile netto del periodo gennaio-settembre 2017 beneficiava dei 2,1 miliardi di plusvalenze generate dalle cessione di Bank Pekao e Pioneer. Nei conti del 2018, invece, è stata contabilizzata la minusvalenza registrata sulla partecipazione della turca Yapi bank nel terzo trimestre e pari a 846 milioni.

Da segnalare il risultato netto positivo di Mps (+379,3 milioni) dopo la perdita monstre di 3 miliardi del periodo di confronto dovuta alla pulizia straordinaria, miglioramento raggiunto grazie al significativo calo dei costi e alla riduzione delle rettifiche sui crediti.

Occorre inoltre precisare che l’utile netto di Banco Bpm, che ha quasi decuplicato il proprio risultato bottom line (+524,5 milioni) rispetto al periodo di confronto, include le plusvalenze derivanti dalle cessioni degli attivi assicurativi ad Anima Sgr e della banca depositaria.

Per quanto riguarda Ubi, si ricorda invece che i dati dei primi nove mesi 2018 non sono interamente confrontabili con quelli dell’analogo periodo del 2017 perché influenzati dal consolidamento delle tre Good Bank avvenute nel maggio 2017.

Tra le Small Cap, si segnala che la diminuzione dell’utile netto di Banca Finnat è imputabile al venire meno della plusvalenza legata alla cessione della quota nell’LSE che aveva impattato positivamente nei primi nove mesi del 2017.

Dal lato patrimoniale, a fine settembre gli impieghi e la raccolta sono rimasti sostanzialmente stabili rispettivamente a 2,1 miliardi e a 2 miliardi.