ll Ftse Italia Banche chiude la settimana con un ribasso del 2,9% ma tenendo decisamente meglio dell’analogo europeo (-4,8%), zavorrando però il Ftse Mib (-2,5%). La performance di quest’ultimo ha risentito anche delle tensioni legate alle politiche protezionistiche introdotte dal presidente americano Donald Trump sulle importazioni di acciaio e alluminio, che entreranno in vigore venerdì, oltreché da alcuni dato macro deludenti, su tutti gli indici Pmi.
Sul settore creditizio è scattata qualche presa di profitto, dopo i rialzi dei giorni precedenti in scia alla pubblicazione della versione finale dell’Addendum per la gestione dei crediti deteriorati risultata migliore delle attese. Migliorie riconosciute anche dall’associazione dei banchieri, seppure ravvisando la necessità di superare il disallineamento esistente rispetto alle proposte della Commissione Europea sulla gestione dei crediti deteriorati.
Su questo fronte, comunque, continuano ad arrivare ottime indicazioni, con i dati pubblicati dall’Abi che hanno evidenziato un calo di oltre il 30% delle sofferenze nette dal picco raggiunto a fine 2015.
Le vendite colpiscono tutti i titoli del listino principali, con Mediobanca che riesce a limitare il calo all’1,3% grazie anche ai riconoscimenti ottenuti da Moody’s, che ha attribuito un rating emittente di lungo termine pari a ‘Baa1’, di 1 notch sopra quello del debito sovrano italiano. A proposito della banca di piazzetta Cuccia, Ennio Doris, presidente di Banca Mediolanum, presente nel patto di sindacato, ha affermato che potrebbe diventare una public company un volta scaduto lo stesso nel 2019.
Ubi e Bper riescono a contenere le perdite sotto il 2 per cento. La prima ha ricevuto l’ok da parte della Bce per implementare il model change, che adegua al nuovo contesto normativo i modelli interni della banca per il rischio di credito e che avrà un impatto sostanzialmente nullo sui ratio patrimoniali. La seconda, invece, continua a lavorare in vista dell’assemblea del 14 aprile che rinnoverà il board per il prossimo triennio, in cui non siederà un rappresentante dell’azionista Unipol. Anche Unicredit (-1,9%) riesce a limitare in parte i danni, grazie anche all’innalzamento del giudizio da ‘neutral’ a ‘buy’ da parte di Ubs il target price portato da 16,90 euro a 20,30 euro.
Tonfo per Mps (-11%), che accentua il trend ribassista iniziato dopo la pubblicazione dei risultati 2017. La banca senese, comunque, ha smentito le indiscrezioni su possibili operazioni di aumento di capitale, confermando le tempistiche del piano di ristrutturazione.
Nel Mid Cap tiene Popolare Sondrio (+0,3%), nella settimana del verdetto della Consulta che ha sancito le legittimità della riforma delle popolari che prevede la trasformazione in spa a cui la banca dovrà adeguarsi a breve, mentre cede Credem (-2,6%) in attesa di novità sul fronte delle potenziali aggregazioni.
Su Creval (-1,5%) scattano qualche presa di beneficio dopo il rally seguito all’ottimo esito dell’aumento di capitale da 700 milioni, sottoscritto interamente dal mercato. Ora banca valtellinese potrebbe diventare potenzialmente aggregabile, anche se il presidente Miro Fiordi ha sottolineato che non c’è fretta e che verranno fatte le opportune valutazioni.
Arretra pesantemente Carige (-12,6%), con il mercato che resta in attesa delle mosse dei principali azionisti. Novità potrebbero venire fuori dal cda del prossimo 27 marzo. Il neo socio Raffaele Mincione, che potrebbe salire al 9,9% del capitale, ha dichiarato il proprio appoggio al piano di rilancio messo a punto dal Ceo Paolo Fiorentino e ha indicato in un’aggregazione con un istituto italiano di medie dimensioni la strada per valorizzare l’istituto. Quanto alle dinamiche relative alla governance, il finanziare ha criticato l’attuale composizione del board che non rispetta l’azionariato, ma si è riservato in un momento futuro la possibilità di chiedere una revoca dello stesso. Intanto, la banca punta ad accelerare il de-risking con la cessione di 1,5 miliardi di crediti deteriorati.
In merito a queste ultime due banche, si segnala che Crédit Agricole ha smentito ogni interessamento.