Le sanzioni Usa nei confronti dell’export di greggio iraniano tornano al centro della scena e, insieme alle incertezze legate alla Libia, fanno volare il prezzo del petrolio.
Questa mattina infatti, dopo il balzo di ieri pomeriggio, il Wti scambia a 71,1 $/bl (+0,8%) mentre il Brent a 76,7 $/bl (+0,5%), spingendo Il Ftse italia Petrolio e Gas Naturale a +0,7 per cento.
L’andamento dell’indice settoriale riflette l’andamento delle big del settore a Piazza Affari, con Eni a +0,7%, Tenaris a +1,4% e Saipem a +2,7%.
Dalle parole di alcuni funzionari Usa è emersa la volontà di non concedere esenzioni dalle sanzioni che dal prossimo 4 novembre colpiranno l’export di greggio iraniano.
Con questa mossa la Casa Bianca si pone come obiettivo quello di ridurre a zero l’output di Teheran, avvertendo tutti i paesi interessati, alleati e non, di interrompere le forniture di greggio iraniano entro la deadline di novembre.
Target che si pone però in contrapposizione con la volontà di mantenere basso il prezzo del petrolio, visto anche l’aumento di produzione deliberato dall’Opec+, definito “un po’ inferiore” alle necessità del mercato dal Segretario Usa per l’Energia Rick Perry.
In questo senso potrebbe venire in aiuto l’Arabia Saudita, secondo indiscrezioni pronta a pompare sul mercato a luglio la cifra record di 10,8 milioni di barili/giorno.
In questo scenario, a rafforzare le quotazioni del greggio, si inseriscono anche i problemi riscontrati nell’impianto di Syncrude, in Canada, e le incertezze legate all’output proveniente dalla Libia.
Quest’ultimo fattore è fra le maggiori incertezze, dopo che il generale libico Haftar ha dato il controllo dei terminal di Ras Lanuf ed El Sider, appena riconquistati e luogo di scontri nelle scorse settimane, alla Noc di Bengasi invece che alla Noc di Tripoli, ovvero quella ufficialmente riconosciuta a livello internazionale.