Marco Morelli approva l’ultima trimestrale prima di lasciare il ruolo di amministratore delegato della banca toscana. I conti si chiudono con una perdita legata a un incremento “molto prudenziale” delle rettifiche su crediti per 193 milioni per anticipare le conseguenze dell’emergenza Covid-19. Crisi che, secondo il manager, rende più urgente rinegoziare il piano con la Ue per fissare nuovi obiettivi in linea con l’attuale contesto.
Mps archivia i primi tre mesi del 2020 con una perdita di 243,5 milioni dovuta a maggiori rettifiche per gli effetti della crisi legata alla diffusione del Covid 19. La trimestrale approvata è l’ultima sotto la guida di Marco Morelli, che lascerà l’incarico di amministratore delegato con il rinnovo del board che avverrà il prossimo 18 maggio.
Il consigliere delegato di Mps non si sbilancia in previsioni, ma lascia al nuovo management il compito di definire i nuovi target e redigere il prossimo business plan adattato al nuovo scenario economico che seguirà alla pandemia Covid-19, perché a suo avviso l’attuale “non ha più senso” e vanno rinegoziati i vecchi paletti fissati con la Ue.
Morelli sottolinea di lasciare una banca con solide basi per affrontare le prossime sfide. “I coefficienti patrimoniali sono oltre i requisiti regolamentari: il transitional Cet1 ratio e il Tier 1 ratio sono al 13,6%, mentre il Total capital ratio è al 16,2%” rileva l’ad della banca che rimarca anche come la liquidità rimanga solida, come attestano i due indicatori LCR maggiore di 150% e NSFR maggiore di 100%, nonostante il rimborso nel trimestre di 8 miliardi di titoli assistiti da garanzia governativa e sul mercato “la banca sta dimostrando di sapersi muovere”.
Morelli però ritiene importante che venga definito al più presto lo scenario per quanto riguarda la cessione del pacchetto dei crediti deteriorati ad Amco (la ex Sga) operazione che permetterebbe a Mps di trovare una strada più chiara per il futuro. “Non ho avuto comunicazione di nessuna decisione formale da parte del Tesoro e della Commissione Ue sulla cessione dei crediti” ha affermato Morelli che si appresta a lasciare la banca senza avere potuto completare il riassetto.
“L’emergenza economica che ha colpito l’Italia per l’epidemia da Covid-19 rende ancora più urgente che il Tesoro, azionista di controllo di Mps, valuti rapidamente cosa intende fare e rinegozi il piano del 2017 con la Ue” rileva il ceo di Mps che ritiene che la crisi portata dal Covid-19 acceleri la necessità di portare avanti il processo di concentrazione del sistema bancario italiano.
“Il nostro è un mercato bancario tradizionale, troppo popolato, e dovendo affrontare un periodo di bassa crescita, limitato accesso al mercato del funding, necessità di investire, purtroppo la dimensione conta. Ergo credo che il processo di integrazione non sia più rinviabile. Poi chi va con chi non è più un problema mio”, osserva Morelli.
Nella tabella seguente riportiamo il confronto tra i conti economici trimestrali di Mps.
Il margine di intermediazione si è attestato a 729,4 milioni, in calo del 9,3% rispetto all’analogo periodo 2019, in seguito soprattutto alla flessione del margine di interesse solo in parte compensata dall’aumento delle commissioni nette derivante dai maggiori proventi sulla gestione del risparmio.
Il margine di interesse al 31 marzo 2020 è risultato pari a 327 milioni, in diminuzione del 20,0% rispetto ai 408,9 milioni del primo trimestre 2019, principalmente a causa del calo degli attivi commerciali fruttiferi e dei relativi rendimenti. L’aggregato risente anche delle cessioni di crediti Unlikely to pay effettuate nel corso del 2019, della conclusione a giugno 2019 della vendita della controllata BMP Belgio e della crescita del costo della raccolta di mercato, principalmente legato al ritorno sul mercato delle emissioni obbligazionarie avvenuto nel secondo semestre 2019 e proseguito nel 1° trimestre 2020.
Le commissioni nette del primo trimestre 2020, pari a 370 milioni, registrano un miglioramento del 3,1% rispetto a quelle del primo trimestre 2019. Tale dinamica ha beneficiato soprattutto dei maggiori proventi sulla gestione del risparmio, in particolare sul collocamento prodotti, realizzati nel corso dei primi due mesi dell’anno a cui però è seguita una forte riduzione dei flussi di collocamento avvenuta progressivamente nel mese di marzo a seguito del diffondersi della pandemia COVID-19.
In miglioramento anche le altre commissioni nette, per il minor costo della garanzia statale a seguito del rimborso dei Government-Guaranteed Bonds avvenuto nel corso del 1° trimestre 2020; risultano in calo, invece, le commissioni su credito per minori provvigioni su crediti intermediati e le commissioni da servizi.
Il risultato netto dell’attività di negoziazione pari a 29,8 milioni evidenzia una crescita del 4,3% rispetto all’anno precedente, grazie agli utili derivanti dalle cessioni di titoli, in particolare titoli governativi italiani, effettuate nel primo trimestre dell’anno (per 52 milioni), mentre il risultato netto dell’attività di trading è negativo per 22 milioni e il risultato netto delle attività/passività valutate al fair value in contropartita del conto economico non incide (positivo per 0,1 milioni).
In calo gli altri ricavi passati da 7,7 milioni a 2,6 milioni per un minor contributo della j-v con AXA e un saldo negativo per 2,8 milioni dell’attività di copertura.
Gli oneri operativi sono risultati pari a 548,5 milioni, in calo rispetto all’anno precedente del 3,6%. Nel dettaglio le spese per il personale, pari a 357 milioni sono in calo del 3,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente beneficiando del minor organico medio (in relazione, in particolare, alle 750 uscite per Fondo di Solidarietà registrate nel 2019. Gli altri costi operativi scendono del 4,3% a 191,8 milioni.
Per effetto delle dinamiche sopra descritte, il risultato operativo lordo del Gruppo risulta pari a 180,9 milioni in calo del 23% rispetto al primo trimestre 2019.
Più che raddoppiate le rettifiche su crediti a 315,6 milioni (+119%) per lo stanziamento di 193 milioni di rettifiche aggiuntive sulle posizioni valutate a rischio in seguito al mutato scenario macroeconomico delineatosi a seguito del diffondersi dell’emergenza COVID-19.
Escludendo sia dal 1° trimestre 2020 che dal 1° trimestre 2019 gli effetti legati all’aggiornamento dello scenario macroeconomico (pari ai 193 milioni sopra citati nel 1Q20 e a 37 milioni nel 1Q19), il costo del credito clientela si pone, comunque, in aumento a/a principalmente per il minor contributo della cura che risulta influenzato, nel mese di marzo, dal lockdown deciso a seguito del diffondersi della pandemia.
Senza la componente legata all’aggiornamento dello scenario, l’aggregato si pone in flessione rispetto al 4° trimestre 2019 principalmente grazie ai minori flussi di default.
Il rapporto tra il costo del credito clientela del trimestre annualizzato risulta pari a 153 p.b. (73 p.b. al 31 dicembre 2019). Il tasso di provisioning risulta pari a 83 p.b. considerando i 193 milioni di incremento di rettifiche legato all’aggiornamento dello scenario come effetto one-off del solo 1° trimestre 2020.
Dopo tali accantonamenti, il risultato netto di gestione si tinge di rosso per 134,7 milioni.
La voce accantonamenti e poste straordinarie pari a 111,5 milioni, in linea con l’anno precedente, include 40 milioni di accantonamenti per rischi legali e richieste di indennizzo connesse a operazioni di cessione crediti, il contributo per il Fondo di Risoluzione Unico del sistema bancario e il canone DTA per 18 milioni.
Tali dinamiche portano il gruppo a registrare una perdita di 243,5 milioni.
Nella tabella seguente riportiamo lo stato patrimoniale di MPS.
La raccolta diretta si è attestata a 95,4 miliardi, in aumento di 2,7 miliardi rispetto ai valori di fine marzo 2019, con una crescita dei conti correnti (+4,6 miliardi) e dei PCT (+1,6 miliardi). In riduzione le altre forme di raccolta (-3,3 miliardi) e il comparto obbligazionario (-0,3 miliardi) principalmente a seguito degli effetti legati al rimborso dei Government-Guaranteed Bonds parzialmente compensati dalle iniziative previste dal Funding Plan.
Al 31 marzo 2020 i finanziamenti clientela erano pari a 82,2 miliardi, in crescita rispetto a fine marzo 2019 di 0,3 miliardi, per l’aumento dei PCT (+1,7 miliardi), dei mutui (+0,7 miliardi) e degli altri finanziamenti (+0,1 miliardi).
Il totale finanziamenti clientela deteriorati del gruppo al 31 marzo 2020 è risultato pari a 11,6 miliardi, in flessione rispetto al 31 marzo 2019 (-4,5 miliardi) grazie alle cessioni di UTP e sofferenze effettuate, in particolare, nel secondo semestre 2019.
Il rapporto tra crediti deteriorati netti e crediti clientela netti al 31 marzo 2020 risulta pari al 7,1%, in diminuzione rispetto a marzo 2019 (pari a 9,2%).
Per quanto riguarda i coefficienti patrimoniali, al 31 marzo 2020 il Common Equity Tier 1 Ratio si è attestato al 13,6% (rispetto al 14,7% di fine 2019) ed il Total Capital Ratio è risultato pari a 16,2%, che si confronta con il valore del 16,7% registrato a fine dicembre 2019.