Su richiesta della Consob Ubi ha pubblicato una nota integrativa all’informativa contenuta nel Comunicato dell’emittente relativo all’offerta pubblica di acquisto e scambio volontaria totalitaria promossa da Intesa Sanpaolo sul 100% delle azioni della banca.
In suddetta nota si legge che il “cda di Ubi Banca, consapevole dei propri doveri, nell’esprimere le valutazioni contenute nel Comunicato dell’Emittente ha debitamente preso in considerazione la possibile sussistenza di un interesse “di gruppo” alla realizzabilità della fusione e all’esecuzione dell’accordo Bper, allo scopo di fornire agli azionisti un quadro informativo completo, corretto e motivato.
A tale riguardo, si rileva, con riferimento all’accordo Bper, che il cda non ha ritenuto ravvisabile alcun interesse “di gruppo” in relazione alla cessione del ramo bancario, giacché l’operazione di dismissione – da realizzarsi “per prevenire il sorgere di situazioni potenzialmente rilevanti a fini antitrust” – è meramente funzionale all’attuazione di
impegni assunti da Intesa Sanpaolo nel suo esclusivo interesse”.
La nota continua: “Tale cessione rappresenterebbe, infatti, un “costo” per ottenere il controllo della banca che Intesa Sanpaolo intende far gravare su Ubi Banca e, per riflesso, sui suoi azionisti. Per converso, nella prospettiva della banca, la cessione del ramo bancario
modificherebbe completamente la natura di Ubi Banca, trasformandola in una mera
articolazione territoriale della rete distributiva di Intesa Sanpaolo priva della capacità di operare quale autonomo centro di profitto.
In concreto, dunque, da un lato, Intesa Sanpaolo – in quanto capogruppo esercente l’attività di direzione e coordinamento – otterrebbe il vantaggio di poter rimuovere l’ostacolo all’acquisizione rappresentato dalla disciplina antitrust e di ottimizzare la distribuzione dei suoi prodotti finanziari e assicurativi mentre, dall’altro lato, Ubi Banca sarebbe privata di oltre 500 filiali, rappresentative di oltre il 30% della rete, vedendosi nei fatti declassata da autonomo centro di profitto (sia pure nella condizione di società soggetta alla direzione e coordinamento altrui) a mero soggetto “collocatore” della capogruppo”.
La nota poi aggiunge: “Alla luce di quanto precede, e sulla base delle informazioni allo stato a disposizione, è ragionevole ritenere che il pregiudizio subito da Ubi Banca non potrà in alcun modo considerarsi “compensato” dall’appartenenza al gruppo Intesa Sanpaolo e che, pertanto, nemmeno in ragione del “risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento”, Intesa Sanpaolo potrà legittimamente imporre alla banca la dismissione del ramo bancario”.