Lo scorso mese piazza Affari ha impresso una decisa accelerazione (+7,9%) al buon rialzo di febbraio (+5,9%), conquistando nella seduta di ieri il nuovo massimo del 2021 a 24.777,97 punti e andando finalmente a coprire il gap down aperto nella drammatica seduta del 24 febbraio dello scorso anno (rispetto al top del 19 febbraio 2020 a 25.483 punti il Ftse Mib rimane sotto del 3,3%), cioè quando è iniziato l’incubo del Covid-19 in Italia.
Il listino milanese ha così snobbato le forti restrizioni imposte su tutto il territorio nazionale almeno fino al 30 aprile dal governo italiano (seguito in Germania dalla cancelliere Angela Merkel e in Francia dal presidente Emmanuel Macron) per fronteggiare l’aggravarsi della pandemia, continuando a beneficiare della fiducia degli investitori internazionali nei confronti del nuovo Premier Mario Draghi, ma anche dei segnali positivi provenienti dall’economia mondiale grazie all’ottimismo proveniente dall’accelerazione della campagna di vaccinazione in importanti Paesi come Stati Uniti e Regno Unito. Senza poi dimenticare che l’amministrazione Biden sta immettendo 4,6 trilioni di dollari nell’economia americana per tornare su livelli di occupazione antecedenti allo scoppio del Covid, ma soprattutto che le principali banche centrali, con in testa Federal Reserve e Banca centrale europea, hanno confermato di voler continuare le politiche monetarie ultra-espansive degli ultimi 12 mesi, con conseguenti effetti positivi sulla liquidità che si riversa sui mercati azionari mondiali, nonostante i pericoli di un’impennata dei prezzi al consumo.
Anche a marzo, il più importante paniere di piazza Affari si è piazzato al secondo posto nel vecchio Continente in termini di performance, grazie al balzo a doppio cifra delle azioni del comparto assicurativo (+10,5%) e di quelle dell’Oil&Gas (+10%), con l’importante contributo proveniente dalle utilities (+9%), dai titoli bancari (+6,1%) e industriali (+6,1%). Ancora lettera, invece, sulle società del settore salute e benessere (-3,1%). In un contesto europeo ancora caratterizzato da un forte risk on, ha fatto meglio del Ftse Mib soltanto il Dax di Francoforte (+8,9%) che ieri ha aggiornato il record storico, infrangendo la barriera dei 15 mila punti, mentre si sono posizionati dietro piazza Affari l’EuroStoxx 50 (+7,8%), il Cac40 di Parigi (+6,4%), lo Smi di Zurigo (+5%), l’Ibex35 di Madrid (+4,3%) e il Ftse100 di Londra (+3,6%). Sull’altra sponda dell’Atlantico, a Wall Street hanno continuato a correre il Dow Jones (+6,6%) e l’S&P 500 (+4,2%) che hanno entrambi aggiornato i massimi assoluti, mentre è rimasto sostanzialmente invariato il Nasdaq Composite (+0,4%). In Asia, in lieve progresso il Nikkei di Tokyo (+0,7%), mentre il CSI 300 di Shenzhen è stato particolarmente debole (-5,4%).
Al di fuori dell’azionario, a marzo i prezzi dei futures sul Crude Oil hanno perso terreno (-3,4%), scivolando sotto 60 dollari al barile, dopo i forte guadagni dei quattro mesi precedenti. Ancora in discesa le quotazioni dell’Oro (-1,5%) che hanno concluso gli scambi a 1.707,7 dollari per oncia, mentre sul fronte valutario, il cambio Eur/Usd è stato particolarmente debole (-2,9%), chiudendo le contrattazioni di ieri a 1,173. Sul versante dei governativi, è proseguito il rialzo dello yield sul T-bond a 10 anni che ieri sera ha terminato gli scambi all’1,74% rispetto all’1,41% di fine febbraio sulla scia del successo della campagna di vaccinazione negli Stati Uniti dove sono state già somministrate 150 milioni di dosi, dei massicci piani di stimolo all’economia del presidente Biden (tra cui anche i 2,6 trilioni di dollari per rilanciare le infrastrutture e per contrastare il cambiamento climatico) e dei forti dati macro. Nel vecchio Continente, invece, la lentezza e la debolezza dell’Unione europea sul fronte dei vaccini e della risposta fiscale alle conseguenze economiche del Covid ha pesato sull’andamento dei rendimenti dei corrispondenti titoli di Stato italiani e tedeschi che sono scesi anche grazie ai massicci acquisti della Bce. Lo yield del Btp a 10 anni ha concluso le contrattazioni di ieri allo 0,667% rispetto allo 0,76% del 26 febbraio, con il differenziale di rendimento con il Bund, a 96 punti base rispetto ai 102 della fine del mese scorso, beneficiando del cosiddetto “effetto Draghi”.
Passando all’analisi dei 40 titoli che compongono il paniere delle Big Cap italiane emerge che a marzo ben 34 hanno concluso le contrattazioni su livelli di prezzo superiori a quelli registrati il 26 febbraio, solo 4 si sono attestati su livelli inferiori è 2 sono rimasti invariati. Numeri migliori rispetto a quelli già buoni di febbraio, dato che in questo mese 30 avevano portato a casa una performance positiva, 9 si erano attestati su livelli di prezzo inferiori a quelli del 29 gennaio e 1 era rimasto invariato.
A marzo il risultato migliore del Ftse Mib è stato raggiunto da Telecom Italia (+17,4%) che ieri ha tenuto l’assemblea degli azionisti nel corso della quale è stato approvato il bilancio dell’esercizio 2020 ed è stato rinnovato il consiglio di amministrazione. Con riferimento al board del gruppo telefonico, i soci hanno riconfermato il presidente Salvatore Rossi e l’amministratore delegato Luigi Gubitosi fino al 2023. A far volare, per il secondo mese consecutivo, le quotazioni dei titoli Telecom Italia le attese per una possibile accelerazione da parte del nuovo governo italiano del progetto di creazione della rete unica a banda larga, insieme ai possibili benefici che l’incumbent tricolore delle tlc potrebbe ricevere dal Next generation plan.
Alle spalle del gruppo telefonico, lo scorso mese si è posizionata Poste Italiane (+15,3%) che il 19 marzo ha comunicato il nuovo piano strategico quadriennale “2024 Sustain & Innovate”. Nel prossimo quadriennio il gruppo guidato da Matteo Del Fante punta a raggiungere un utile netto di 1,6 miliardi di euro, con un balzo del 33% rispetto al 2020 (Cagr del 6%), offrendo ai soci una politica di remunerazione chiara e competitiva: +35% del dividendo per azione nell’arco di piano (Cagr del 6%) grazie a una consistente generazione di cassa. Il business plan di Poste Italiane indica che l’aumento dei profitti sarà guidato dall’incremento dei ricavi (Cagr del 3%), con una costante crescita dei servizi assicurativi, e da una migliore performance operativa.
Sul terzo gradino del podio di questa speciale graduatoria di marzo Banco Bpm (+14,6%). Nel mese in esame i corsi delle azioni dell’istituto di credito milanese hanno proseguito la corsa iniziata a febbraio (+17,2%), nonostante i vertici di Unipol, maggiore azionista di Bper con il 19,68% del capitale), abbiano raffreddato gli entusiasmi relativi a un’imminente fusione tra le due banche in quanto il gruppo bancario modenese sarà impegnato per gran parte del 2021 a integrare gli sportelli di Ubi Banca cedute a febbraio da Intesa Sanpaolo. Nonostante queste dichiarazioni, il numero uno di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, ha rilasciato ieri alla stampa un’intervista in cui afferma di essere pronto a valutare ogni possibile operazione di M&A.