UniCredit – Primi rumor sul potenziale perimetro di Mps che potrebbe essere rilevato

Dopo l’annuncio dell’avvio delle interlocuzioni tra UniCredit e il Tesoro, primo azionista di Mps con il 64,2% del capitale, per rilevare un perimetro ben definito in capo alla banca senese (da stabilire entro settembre), cominciano a circolare i rumor su quali potrebbero essere gli asset che non rientreranno nella trattativa.

“Nelle prossime settimane, eseguiremo una due diligence dettagliata e valuteremo la capacità” di un’eventuale fusione con Mps di “soddisfare i prerequisiti concordati. Questo ci permetterà di definire la struttura dettagliata, i termini e il perimetro di qualsiasi potenziale transazione e poi, e solo allora, decideremo se procedere. Si tratta solo dell’inizio del processo di due diligence, anche se inquadrato da principi chiari”, ha spiegato nel corso della conference call sui risultati Andrea Orcel, Ceo di UniCredit.

“Abbiamo concordato con il Governo i principali presupposti da soddisfare per una transazione di successo. E questi includono la neutralità del capitale, l’aumento significativo dell’Eps, la protezione dai rischi dei contenzioso legale, nonché l’esclusione di Npe esistenti e un’adeguata protezione sui prestiti in bonis da qualsiasi portafoglio di prestiti che potremmo acquisire”, ha aggiunto il manager.

Secondo quanto riporta MF, il perimetro non includerà i 6,2 miliardi di potenziali rischi legali in capo a Mps (importo a cui è sceso il petitum dopo l’accordo raggiunto con la Fondazione Mps sul petitum da 3,8 miliardi), 2-2,5 miliardi di crediti deteriorati e, probabilmente un portafoglio di credit in bonis ad alto rischio (1,5-2 miliardi). Inoltre, il Tesoro, per quest’ultima categoria di asset, potrebbe concedere a UniCredit una soglia e un periodo di tempo entro il quale rispedire indietro i crediti di dubbia esigiblità.

Gli asset che rimarrebbero fuori dal perimetro confluirebbero in una bad bank (il MEF a avrebbe già avviato trattative con le autorità europee sul progetto di spin-off dei rischi
legali straordinari secondo quanto riporta Reuters) per poi procedere alla loro liquidazione nel tempo, mentre AMCO prenderebbe in carico gli Npe (come già avvenuto in passato in altri deal).

La rete commerciale dovrebbe essere inclusa nel perimetro. Tuttavia, secondo MF, UniCredit in un secondo momento potrebbe mettervi mano in un secondo momento, cedendo a operatori terze parte degli sportelli per adeguarsi alle richieste Antitrust o per esigenze strategiche.

Secondo rumor di stampa, potrebbero essere destinati alla vendita circa 150 filiali, concentrate soprattutto nel Sud (soprattutto in Puglia e Sicilia), a cui potrebbe essere interessato Mediocredito Centrale (un potenziale interesse era già stato espresso dall’Ad Bernardo Mattarella in una recente intervista).

Sempre secondo indiscrezioni riportata dal quotidiano, il trasferimento potrebbe riguardare anche parte del personale delle direzioni centrali (circa 4.900 risorse), anche se al momento si tratta solo di ipotesi.

Su tutte suddette questioni dovrebbe essere raggiunto un accordo (che dovrà ricevere le autorizzazioni di BCE-Bankitalia, IVASS, Consob e Antitrust), l’operazione sarà sottoposta alle rispettive assemblee di UniCredit e Mps nel corso dell’autunno per arrivare al closing entro fine 2021, rispettando così le tempistiche per la privatizzazione dell’istituto toscano concordate con le autorità europee nel 2017.

Un altro tema importante sarà poi la questione esuberi. Secondo alcuni fonti di stampa, la banca toscana dovrebbe registrare l’uscita, attraverso pensionamenti e prepensionamenti, di 5-6 mila (5-7000 secondo altre indiscrezioni) dipendenti, pari a circa il 25% delle risorse totali, per snellire la struttura di costi.

Le uscite verrebbero finanziate tramite il fondo esuberi e dovrebbero essere tutti su base volontaria. Il costo dell’operazione, che rientra nell’ambito dei costi di ristrutturazione che verranno sostenuti dallo Stato, dovrebbe aggirarsi intorno a 1-1,2 miliardi (tra 800 milioni e 1,4 miliardi secondo altri rumor), ipotizzando un costo medio per dipendente attorno ai 200 mila euro.

Dal MEF filtrerebbero rassicurazioni sulla tutela del maggior numero di posti di lavoro possibili, la salvaguardia del marchio Mps agevolando il mantenimento della sede operativa dell’istituto a Siena e la disponibilità a sostenere il tessuto economico dell’area senese, riporta il Corriere della Sera.

L’ultima fase, poi, sarebbe rappresentata dalla ricapitalizzazione di Mps, con gli attuali azionisti che dovrebbero iniettare risorse tra 2 e 2,5 miliardi (con il Tesoro che sottoscriverebbe pro-quota) tramite un’operazione di mercato. Tale importo sarebbe in linea con quanto emerso dagli stress test.

Secondo Il Sole 24 Ore, la soluzione ritenuta più probabile è la scissione non proporzionale di Mps in due diverse newco, una destinata a confluire in UniCredit e l’altra a restare autonoma.

Secondo il giornale, in cambio del conferimento della good bank in UniCredit, il Tesoro potrebbe ricevere una quota simbolica pari al 4-5% del capitale della banca di piazza Gae Aulenti, comunque non superiore al 5% secondo Il Messaggero. Si tratterebbe di una specie di “rimborso” a fronte degli oneri di ristrutturazione sostenuti dal Tesoro.

Secondo quanto riporta La Repubblica, sulla vicenda sarebbe tornata sotto il faro della Commissione Europea, che a settembre potrebbe portare a una richiesta di chiarimenti. Al momento le informazioni sono ancora minime sull’operazione, considerando che i colloqui tra il Tesoro e UniCredit sono ancora in una fase preliminare.

Si segnala che il Ministro dell’Economia, Daniele Franco, terrà un’informativa sul negoziato Mps-Unicredit in Parlamento, a metà settimana. Lo si apprende da indiscrezioni di stampa.

Secondo il Corriere della Sera oggi, entro il 2021 l’operazione dovrà essere chiusa perché una grande banca in difficoltà è tuttora un potenziale fattore di instabilità per il settore creditizio, secondo quanto avrebbe affermato una fonte governativa.

Dopo l’annuncio delle trattative UniCredit-Mps appare meno probabile un coinvolgimento di Banco Bpm, istituto guidato da Giuseppe Castagna. Secondo indiscrezioni riportate da Il Messaggero, lo stesso Castagna avrebbe escluso la fattibilità di un’operazione amichevole con UniCredit post Mps, sottolineando che l’unica strada per una fusione sarebbe quella di un’Opa.

Intorno alle 11:20 a Piazza Affari il titolo UniCredit viaggia sulla parità a 10,11 euro, mentre le azioni Mps cedono lo 0,9% a 1,16 euro. L’indice di settore sale dello 0,5 per cento.