UniCredit sarebbe entrata nella virtual data room di Mps avviando la due diligence, che dovrà portare nell’arco dei prossimi 40 giorni a definire la fattibilità di un accordo con il MEF, primo azionista della banca senese con il 64,2% del capitale, per acquisire un perimetro ben definito della banca senese.
Lo si apprende da Il Sole 24 Ore secondo cui, oltre alla selezione degli asset da rilevare, le altre questioni da risolvere riguardano la neutralizzazione delle cause legali) attuali e future e il destino della sede centrale a Siena.
“Nelle prossime settimane, eseguiremo una due diligence dettagliata e valuteremo la capacità” di un’eventuale fusione con Mps di “soddisfare i prerequisiti concordati. Questo ci permetterà di definire la struttura dettagliata, i termini e il perimetro di qualsiasi potenziale transazione e poi, e solo allora, decideremo se procedere. Si tratta solo dell’inizio del processo di due diligence, anche se inquadrato da principi chiari”, ha spiegato nel corso della conference call sui risultati Andrea Orcel, Ceo di UniCredit.
“Abbiamo concordato con il Governo i principali presupposti da soddisfare per una transazione di successo. E questi includono la neutralità del capitale, l’aumento significativo dell’Eps, la protezione dai rischi dei contenzioso legale, nonché l’esclusione di Npe esistenti e un’adeguata protezione sui prestiti in bonis da qualsiasi portafoglio di prestiti che potremmo acquisire”, ha aggiunto il manager.
Per quanto riguarda il perimetro da rilevare, secondo quanto riporta il giornale, UniCredit dovrà esaminare una rete commerciale che conta circa 3,9 milioni di clienti, 80 miliardi di crediti, 87 miliardi di depositi, 62 miliardi di masse gestite e 42 miliardi amministrate.
L’obiettivo di Andrea Orcel, Ceo di UniCredit, è quello di rafforzare la presenza nei territori più ricchi del Paese, a partire dal Centro-Nord, dove è collocato il 77% delle filiali di Mps: acquisendole in Toscana UniCredit potrebbe raggiungere una quota di mercato superiore al 21%, in Lombardia arriverebbe all’11%, in Emilia Romagna sfiorerebbe il 17%, mentre in Veneto si porterebbe oltre il 20 per cento.
Dal perimetro dovrebbero invece essere escluse le filiali del Sud, in particolare in Sicilia (dove dovrebbero essere effettuate le cessioni considerando la significativa presenza delle filiali ex Banco di Sicilia) e in Puglia (in particolare in Salento, data la forte presenza delle filiali ex Banca121) e, secondo quanto riporta Reuters, forse anche a Roma. Agli sportelli del Sud potrebbe essere interessato il Mediocredito Centrale, come aveva affermato in una recente intervista l’Ad Bernardo Mattarella.
Secondo indiscrezioni riportate da La Stampa UniCredit potrebbe prendere 1.250 sportelli di Mps su 1.400, con circa 100 filiali che, molto probabilmente, potrebbero essere rilevate dal Mediocredito Centrale.
Oltre alla rete commerciale, resta da capire il futuro delle società prodotto in capo a Mps, dalla banca per le imprese Mps Capital Services al Leasing&Factoring alla società fiduciaria Mps. Un possibile interesse da parte di UniCredit potrebbe esserci per Widiba, la banca digitale del gruppo toscano, che sta registrando significativi tassi di crescita ed è all’avanguardia dal punto di vista tecnologico.
Per quanto riguarda il marchio Mps, esso potrebbe essere acquisito da UniCredit e mantenuto come brand commerciale.
In merito alla sede centrale dislocata a Siena, secondo quanto riporta il quotidiano, UniCredit non avrebbe intenzione di incorporarla in quanto duplicherebbe le funzioni direzionali. Un alternativa potrebbe essere quella di trasformarla in una direzione regionale.
Nel complesso, comunque, sarebbe prevista una profonda riorganizzazione, con circa 5-7 mila esuberi, questione su cui il Tesoro starebbe ragionando con un fondo ad hoc.
In riferimento alle cause legali, l’accordo preliminare raggiunto con la Fondazione Mps ha ridotto il petitum da 10 miliardi a 6,2 miliardi. Ma UniCredit, secondo il giornale, vorrebbe delle garanzie e tutele sia su quelle in essere (su cui potrebbe intervenire Fintecna) che su quelle future, che potrebbero essere oggetto di un sistema di garanzie pubbliche.D
Senza contare che il perimetro dovrà escludere i crediti deteriorati (che finiranno ad AMCO), ci dovrà essere un’adeguata copertura di eventuali ulteriori rischi di credito.
Secondo quanto riporta MF, su un portafoglio di crediti di 82 miliardi, 2,2 miliardi sono classificati a bilancio come deteriorati, mentre ulteriori 14,8 miliardi sono i cosiddetti stage 2, vale a dire crediti in bonis che presentano però un livello di rischiosità maggiore, su cui parzialmente potrebbe essere strutturata una forma di garanzia, magari nella forma di una put option che consenta a UniCredit di retrocedere parte dello stock entro un certo arco temporale.
Riguardo alla ricapitalizzazione della banca senese, secondo quanto riporta Il Messaggero il fabbisogno secondo la BCE potrebbe essere di 3 miliardi dopo l’esito degli stress test. Il Capital Plan messo a punto dalla banca senese e inviato alla stessa BCE stima un aumento di capitale da 2,5 miliardi.
Inoltre, secondo Bloomberg, Mef e Unicredit cercheranno una strada per proteggere i bondholder, anche trasferendo i bond subordinati a UniCredit.
In sintesi, sembrerebbe profilarsi una sorta di strada che porti a una divisione di Mps in una sorta di good bank e bad bank.
Nel frattempo, secondo Reuters, il Tesoro è assediato dai partiti di Governo che chiedono garanzie per i dipendenti di Mps e l’economia locale di Siena, dopo che il ministero è entrato in trattative esclusive per vendere la banca toscana in difficoltà a UniCredit.
Domani il ministro dell’Economia, Daniele Franco, dovrebbe riferire in Parlamento su come il Tesoro intenda gestire la questione.
Secondo quanto si apprende dal Corriere della Sera, Franco ribadirà che il governo non cederà su almeno due temi.
Il primo riguarda la tutela dei dipendenti di Mps, oggi 20.000, di cui circa 3 mila a Siena. Le indiscrezioni circa 5-6 mila esuberi sarebbe prematuro. E, comunque, i bancari hanno un fondo per i prepensionamenti (fino a 7 anni prima) che ha ancora capienza e che, se dovesse servire, può essere rafforzato con trasferimenti dal bilancio pubblico,
La seconda questione riguarda la tutela del marchio Mps, per cui si potrebbe decidere che la rete degli sportelli, almeno parzialmente, potrebbe mantenere il logo attuale.
Inoltre, a supporto dell’eventuale accordo con UniCredit, l’esecutivo si assumerebbe un impegno su un terzo punto: la tutela del territorio, con interventi pubblici a supporto dell’economia locale.