Ieri è stata ufficializzato l’avvicendamento al vertice di Mps, con il passaggio di testimone da Guido Bastianini (a cui il cda ha revocato le deleghe ma che resterà consigliere) a Luigi Lovaglio. Il mercato sembra apprezzare il cambio del timone, con il titolo che intorno alle 10:00 segna uno scatto del 5,4% a 0,98 euro, mentre l’indice di settore sale dell’1,5 per cento.
“Il board, su proposta congiunta del comitato nomine e del comitato remunerazione, è giunto all’unanimità alla conclusione che Lovaglio, in virtù della sua rilevante esperienza anche a livello internazionale, unita alla profonda conoscenza del settore bancario italiano, sia il profilo più idoneo a ricoprire il ruolo di amministratore delegato e direttore generale di Mps”, si legge nella nota.
La nomina di Lovaglio ha trovato il pieno appoggio del Tesoro, primo azionista della banca senese con il 64,2% del capitale, per dare un forte segnale di discontinuità, riferisce Il Sole 24 Ore.
L’avvicendamento al timone della banca senese avviene in un momento particolare per la banca, con il MEF che sta avendo interlocuzioni con la Commissione Europea per ricevere il via libera alla proroga della presenza pubblica nel capitale dell’istituto toscano e definire un nuovo iter per la privatizzazione.
A Lovaglio spetterà il compito di definire un nuovo piano industriale, da cui dipenderanno le tempistiche per l’aumento di capitale da 2,5 miliardi (di cui 900 milioni da raccogliere sul mercato oltre alla quota di pertinenza del Tesoro). Secondo quanto riferisce il quotidiano, i tempi si allungheranno, con la ricapitalizzazione che non sarà finalizzata prima della fine del 2022.
Uno dei punti fondamentali che il neo Ceo dovrà smarcare per il rilancio della banca riguarda la riduzione del cost/income ratio, con la definizione dei potenziali esuberi necessari.
Al 31 dicembre suddetto indicatore è pari al 70,7% (74,2% a fine 2020), mentre era previsto che scendesse al 51% nel 2021 nell’ambito dell’accordo raggiunto nel 2017 con le autorità europee per il via libera alla ricapitalizzazione precauzionale.
Il target dovrà essere rivisto anche alla luce del nuovo scenario macroeconomico. Bisognerà agire sia sul fronte dei ricavi che su quello dei costi (l’ultimo piano strategico approvato a dicembre 2021 aveva fatto salire la stima degli esuberi volontari da gestire da 2.500 a circa 4.000).
Dalla revisione della strategia (e i relativi impatti sui conti) dipenderanno poi le modalità di uscita del Tesoro dal capitale.
Secondo Il Sole 24 Ore, potrebbe essere valutata la possibilità di promuovere una o più offerte pubbliche di vendita per coinvolgere un bacino di investitori più ampio possibile, anche in più tranche, per ridurre progressivamente la presenza del MEF nel capitale di Mps, oltre a trovare un potenziale partner bancario per un’aggregazione (come si era tentato di fare nei mesi scorsi con UniCredit, trattativa poi arenatasi).