I futures sull’azionario americano cedono tra lo 0,1 e 0,2%, preannunciando un avvio in flessione a Wall Street.
Chiusura ieri in rialzo per i principali listini oltreoceano con il Dow Jones a +0,3%, l’S&P 500 a +1,0% e il Nasdaq a +1,4%.
L’attenzione degli investitori è rivolta ai verbali della riunione della Fed del mese scorso, in uscita questa sera, e ai dati sull’inflazione negli Stati Uniti, in agenda giovedì, con l’obiettivo di avere ulteriori indicazioni sulle prossime mosse della banca centrale americana.
I recenti interventi dei funzionari dell’istituto hanno indicato un approccio misurato, con la presidente della Fed di Boston, Susan Collins, che ha osservato come i tagli ai tassi dovrebbero essere cauti e basati sui dati.
L’inflazione statunitense di settembre è prevista in rallentamento al 2,3% anno su anno rispetto alla precedente lettura pari al 2,5%.
A livello globale i decisori dei tassi stanno diventando più accomodanti. Un taglio dei tassi della Banca centrale europea la prossima settimana è molto probabile, ha affermato il membro del Consiglio direttivo Francois Villeroy de Galhau. La Nuova Zelanda ha tagliato i tassi di mezzo punto percentuale, accelerando il ritmo dell’allentamento, mentre la Banca centrale indiana ha aperto le porte al suo primo taglio in quattro anni.
Lo sguardo è inoltre indirizzato all’avvio della stagione delle trimestrali con i conti, venerdì, di big come JP Morgan e Wells Fargo.
Restano nel contempo monitorati il fronte asiatico, tra i timori che la congiuntura cinese resti debole in assenza di ulteriori misure, e quello mediorientale per i rischi di escalation del conflitto.
Sull’azionario, nel pre-market, Alphabet sono scese di circa l’1% dopo che il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha dichiarato di stare valutando la possibilità di chiedere a un giudice distrettuale di smembrare Google – controllata di Alphabet – per le sue violazioni dell’antitrust nella ricerca online. Secondo un documento depositato ieri in tribunale, il Dipartimento di Giustizia Usa starebbe “prendendo in considerazione misure correttive e strutturali” che impedirebbero al gigante del web di utilizzare prodotti come il browser Chrome, l’app store Play e il sistema operativo Android per ottenere vantaggi sui competitor o sui nuovi arrivati.