Trump e il dollaro, un rapporto non facile

Mentre Wall Street ringrazia il presidente repubblicano per la corsa ancora in atto dalla sua elezione, non può fare altrettanto il biglietto verde che si è indebolito dall’arrivo del neo inquilino alla Casa Bianca.

Dal novembre 2016, la divisa statunitense è scesa rispetto alla moneta unica da 1,05 a 1,23 con un calo del 14% in quindici mesi.

Dopo una caduta quasi verticale nei primi dodici mesi, la discesa si è praticamente stabilizzata nel corso dell’ultimo trimestre.

La domanda che tutti si pongono è dove si troverà la valuta nel prossimo orizzonte temporale, cercando di capire il trend perlomeno fino a fine anno.

A sorpresa, il dollaro ha incominciato ad indebolirsi proprio nel momento in cui la Federal Reserve ha iniziato la sua vera azione di restringimento monetario.

A bilanciare l’azione della banca centrale si è schierato l’atteggiamento dell’amministrazione repubblicana, favorevole ad una divisa debole in grado di agevolare le esportazioni e di creare inflazione grazie all’incremento dei prezzi sulle importazioni.

In aggiunta, la debolezza del biglietto verde è strettamente correlata all’apprezzamento del mercato azionario il quale si è impennato nello stesso periodo, per quanto nell’ultimo ciclo rialzista Wall Street sia salita indipendentemente dalla forza/debolezza della valuta a stelle e strisce.

La scarsa attrattività della divisa americana è inoltre quasi esclusivamente imputabile alla riforma fiscale approvata a dicembre che provocherà un presumibile aumento del debito pubblico di cinque trilioni di dollari nel prossimo decennio e un deficit federale annuale pari a un trilione, già dal corrente anno fiscale.

Nemmeno la recente mini correzione di Wall Street ha interrotto la discesa della valuta statunitense che in passato tendeva ad essere considerata una valuta rifugio in momenti di turbolenza, mentre il “flight to quality” valutario si sposta ora verso lo yen e il franco svizzero.

Anche la rivalutazione dei prezzi di diverse materie prime ha accentuato la caduta del biglietto verde, che tende a muoversi in misura inversamente proporzionale rispetto alle commodities.

LO SCENARIO FUTURO

Non è facile fare previsioni sugli asset finanziari e tantomeno sulle valute, che scontano diversi fattori e non sempre legati ai fondamentali macroeconomici e monetari.

Il rischio è che il dollaro prosegua nel declino, nonostante il rialzo dei tassi di interesse fino al 2020 da parte della Fed. Dal prossimo anno, anche la Bce passerà da una politica espansiva ad una più restrittiva, rischiando di rafforzare teoricamente la moneta unica rispetto al dollaro.

Per tali considerazioni, in molti hanno lasciato il biglietto verde pur continuando a scommettere sulla forza dell’economia americana e di Wall Street.

Trump ha voluto indebolire il dollaro nei primi due anni del suo mandato per rilanciare la crescita economica, creando anche un po’ di inflazione.

Avendo centrato l’obiettivo e con un’economia che si sta stabilizzando, farà il possibile per evitare un’ulteriore discesa della divisa nazionale nella seconda parte del suo quadriennio presidenziale.

Il pugno di ferro sui dazi commerciali e in politica estera sono l’evidente conferma che gli Stati Uniti vogliano riprendersi lo scettro mondiale ed il dollaro ne potrebbe beneficiare, ribaltando gran parte degli attuali pronostici negativi.