“La fine del quantitative easing, viva il quantitative easing!”

La frase, rivista nei termini, è il riadattamento del motto della monarchia francese con cui quando moriva il re si annunciava la salita al trono del successore. Parafrasando, quindi, la conferma della continuità.

E questo è ciò che il Presidente della Bce, Mario Draghi, ha detto ieri nel corso della conferenza stampa dopo la riunione di prammatica in cui è stata messa nero su bianco la parola fine al programma di acquisto titoli varato, come misura straordinaria non convenzionale di politica monetaria, a marzo 2015.

Con buona pace per chi si ostina a leggere nel naturale epilogo di un provvedimento, come spesso detto, di eccezionale portata una sorta di piccolo cataclisma dalle conseguenze imprevedibili, il pacato “timoniere” dell’Eurotower ha voluto sottolineare con parole inequivocabili che il flusso di reinvestimento dei titoli che verranno via via a maturare sarà sufficiente a mantenere lo stimolo monetario elevato, oltretutto ben spiegando, su specifica domanda, che la durata del meccanismo non è dato conoscere, proprio, a giudizio chi scrive, secondo quella logica del “whatever it takes” che sicuramente lo passerà alla storia della massima istituzione monetaria europea.

Sì, perché lo stock di portafoglio che si sarà accumulato al 31 dicembre prossimo sarà talmente elevato che la potenza di fuoco nella mani della Bce resterà altrettanto potente anche in relazione al fatto che nessuno saprà esattamente se Francoforte utilizzerà il fioretto o l’ascia riservandosi l’Eurotower la totale flessibilità nell’utilizzo dell’arma più opportuna in relazione alle circostanze. Flessibilità: è in questa parola che si nasconde il vantaggio assoluto dell’autorità monetaria, espressione che metterà il mercato al riparo da possibili speculazioni nel dubbio fondato di sopportare perdite eccessive nel caso di attacchi al sistema o sue parti. Ed è questo quello che importa.

Quanto è stato già confermato è che la ripartizione del portafoglio tra singoli stati resterà invariata, nulla invece è stato né sarà detto sulla scelta delle durate dei titoli da riacquistare che potrebbe consentire ed anzi sicuramente permetterà alla Bce di adottare a sua discrezione una strategia di twisting – quindi modifica della vita media – per singoli comparti del portafoglio anche mantenendolo nel suo complesso invariato.

Se poi si dovesse rendere necessaria qualche altra operazione, come circolava voce di recente, di un nuovo Ltro (long term refinancing operation) per esempio, la Bce non si preclude certo la possibilità di farvi ricorso, ma non sembra che ve ne sia al momento necessità alcuna.

Questo è quanto è potuto trasparire dalle frasi di Mario Draghi, impegnato mai come ieri nel fare sì che le sue parole venissero ben comprese e mai fraintese, forse più preoccupato che in altre occasioni soprattutto a non creare equivoci e a trasmettere, come sempre, un messaggio di distensione e positività anche dinnanzi ad un probabile percorso di crescita economica più moderata, ma comunque di crescita.