Nell’Helicopter Money di Draghi le banche diventano agenzia pubblica

Nello schema Salva-Europa delineato da Mario Draghi sul Financial Times, il ruolo del sistema bancario è cruciale.

L’approccio strategico di helicopter money chiama immediatamente in campo “la piena mobilitazione dell’intero sistema finanziario: mercato obbligazionario (per lo più a beneficio di grandi gruppi) sistema bancario e in qualche paese anche il sistema postale”.

In particolare, nota l’ex presidente della Bce, “il sistema bancario si estende attraverso l’intera economia e può creare moneta istantaneamente, consentire prelievi e aprire linee di credito”.

E’ in questo quadro che “le banche possono rapidamente prestare fondi a costo zero alle imprese impegnate a salvare posti di lavoro”. Gli intermediari bancari opererebbero in questo modo “come veicoli di politiche pubbliche”.

E “il capitale loro necessario a questo dev’essere fornito dalle istituzioni governative in forma di garanzie statali a tutti i prelievi (indebitamento delle famiglie, ndr) o ai prestiti (alle imprese, ndr).

Né la normativa in corso, né altre regolamentazioni collaterali dovrebbero ostacolare l’apertura di ogni spazio necessario nei bilanci bancari a tale fine.

In più, il costo delle garanzie non dovrebbe essere basato sul merito di credito delle imprese finanziate. Dovrebbe invece essere zero senza riguardo al costo del finanziamento che le istituzioni governative sostengono per prestarle”.

Lo schema Draghi si dilunga analiticamente anche nelle sviluppo tendenziale di una strategia di recovery in cui l’indebitamento privato viene assorbito da quello pubblico, nella prospettiva di essere riassorbito nel medio periodo dal contrasto attivo alle pressioni recessive.

Nell’immediato, comunque, spicca il ruolo cruciale del sistema bancario come “braccio pubblico” nel fronteggiare i rischi di disruption: che Draghi paventa chiaramente a livello europeo su vasta scala socioeconomica e – non da ultimo – istituzionale.

Rimangono invece e naturalmente tutti da capire i risvolti prevedibili per un sistema bancario largamente composto da banche profit oriented quotate in Borsa.

Cosa significa per una grande banca europea del 2020 tornare in parte all’epoca in cui – in Italia, Francia, Germania – le grandi banche erano di proprietà dello Stato e non rispondevano al mercato?

Cosa vuol dire ripristinare la funzione di veicoli di trasmissione della politica monetaria e oggi anche fiscale?

Che cambiamenti si prospettano per un’istituzione bancaria che oggi custodisce e intermedia (a rischio vigilato) migliaia di miliardi di depositi delle famiglie riceverne forse altrettanti a costo zero da Stati o banche centrali per prestarli a costo zero con garanzia pubblica illimitata?

Queste new banks da chi sarebbero amministrate?

E continuerebbero a essere quotate in Borsa e a produrre utili e dividendi?

Una serie di quesiti la cui valenza è dirompente.

Dopo la crisi del 2008, molte banche europee sono state nazionalizzate: dall’Olanda alla Germania, dalla Gran Bretagna all’Italia transitando per la Francia.

Ma non ne è stata toccata la governance privata e di mercato, mentre in molti casi non sono stati eliminati i dividendi e neppure i bonus ai top manager.

Il fine unico dei salvataggi pubblici era la salvaguardia della stabilità del sistema bancario. E lo Stato è entrato come azionista, spesso di maggioranza, ma in vesti non diverse dagli azionisti privati.

Il tutto in un quadro di sostanziale invarianza della business strategy delle banche.

Un’ultima notazione interrogativa.

Nello schema neo-bancocentrico di Draghi non è assente – anche se per ora in termini molto impliciti –  la prospettiva di una fase di profonda ristrutturazione del sistema bancario europeo.

Nel suo profilo alto sembra guadare a una difesa dei grandi player europei da rischi di scalate ostili e di aggregazioni pilotate sotto la regia pubblica, non più del mercato.

Nel suo profilo immediato quella di Draghi sembra una mano tesa alla Germania, il cui sistema bancario è in forte difficoltà, caratterizzato – soprattutto – da Sparkassen e Landesbank. Realtà tuttora sotto il controllo delle amministrazioni federali, fino all’ultimo abbarbicate attorno alla garanzia pubblica dell’attività bancaria.

Ricordiamo infine che il tavolo delle trattative in sede Ue, che si apre oggi con il Consiglio dei capi di Stato e di governo, difficilmente approderà a esiti definitivi.