Banco Bpm – Sabato 8 aprile la prima assemblea come spa

L’assemblea in calendario sabato 8 aprile sarà la prima di Banco Bpm dopo la trasformazione in spa. Non sono previste sorprese sotto il profilo della governance, ma potrà essere l’occasione per fare il punto sui principali soci dell’istituto, il cui capitale è largamente posseduto da investitori istituzionali.

Banco Bpm si appresta ad affrontare sabato prossimo, 8 aprile, la prima assemblea sotto forma di spa. Un appuntamento che non dovrebbe riservare grandi sorprese in quanto si tratta di una convocazione ordinaria con all’ordine del giorno l’approvazione del bilancio 2016 e il via libera alle nuove regole sulla remunerazione e sui piani di incentivazione del management. Ma la riunione potrebbe rappresentare la prima occasione per fare un aggiornamento sui nuovi equilibri dell’azionariato.

Non sono previste, invece, decisioni sulla governance dell’istituto, il cui consiglio di amministrazione, nominato dopo la fusione in vigore dal primo gennaio 2017, resterà in carica per i prossimi tre anni (fino all’assemblea che dovrà approvare il bilancio 2019).

Attualmente Banco Bpm si presenta come una vera e propria public company, la cui maggioranza del capitale è nelle mani degli investitori istituzionali. Di costoro l’unico a detenere una quota al di sopra delle soglie minime di comunicazione Consob è Norges Bank, che ha il 3,2% del capitale. Altri fondi con presenza significativa sono, secondo quanto riportato da Bloomberg, Vanguard con il 2,02%, Blackrock con l’1,65%, Dimensional fund advisor con l’1,21% e Kairos con lo 0,72 per cento.

Ma il ruolo degli investitori istituzionali non è quello di assumere direttamente la guida delle società partecipate, come visto nel caso di Ubi dove, pur avendo ottenuto la maggioranza dei voti in assemblea, hanno espresso solo tre membri del cda. Semmai ai fund manager interessa esercitare una funzione di controllo sulle principali decisioni strategiche e sulle policy aziendali, come partecipanti di minoranza del cda.

Per questo sarà interessante vedere se hanno trovato qualche forma di attuazione le voci secondo cui alcuni esponenti del vertice, in particolare il presidente Carlo Fratta Pasini, stessero sondando vari soci storici delle due banche per poter formare una sorta di nocciolo duro che potesse fare da sponda al management.

Tra i gruppi che potrebbero essere coinvolti nel progetto vi sarebbe Calzedonia, che fa capo all’imprenditore scaligero Sandro Veronese, e il cui amministratore delegato, Marisa Gola, è già presente nel cda di Banco Bpm. Tra i rappresentanti del cda che sono espressione di gruppi industriali vicini alle realtà bancarie che nel tempo si sono unite formando Banco Bpm, ci sono inoltre Cristina Zucchetti, dell’omonimo gruppo informatico lodigiano, Cristina Galeotti, della toscana Cartografica Galeotti, Fabio Ravanelli del Gruppo novarese Mirato e infine Giulio Pedrollo, rappresentante dell’omonimo Gruppo veronese leader nel settore delle elettropompe ad acqua.

Ha ridotto, invece, notevolmente la propria partecipazione Raffaele Mincione, che era arrivato a ricoprire il ruolo di primo azionista della Bpm, con una quota del 4,8%, scesa lo scorso mese di novembre al 2,9% e diluitasi dopo la fusione.

Infine vi è il ruolo delle storiche fondazioni, con la Fondazione CR Lucca che possiede, secondo i dati di Bloomberg, l’1,58 ercento. E’ presente anche Cariverona, che, tuttavia, ha già dichiarato di non voler svolgere un ruolo di accompagnamento strategico.