La gestione dei rifiuti rappresenta una delle maggiori sfide che l’Africa si trova a dovere affrontare. Nel continente oggi si stima una produzione di 166 milioni di tonnellate di rifiuti urbani annui di cui 42 milioni nel Nord Africa. La maggior parte della popolazione non ha accesso ad alcun sistema di raccolta differenziata, il 90% dei rifiuti viene conferito in discarica o in aree di deposito irregolari. Una parte (9%) viene bruciata all’aperto.
Un quadro che genera un crescente allarme sociale, ambientale e sanitario. La presenza di particolato nell’aria supera di 20 volte i limiti fissati dall’Oms. Oltre 11,5 milioni di tonnellate di plastica vengono smaltite ogni anno in modo irregolare, finendo principalmente in mare.
Una situazione a rischio analizzata dallo studio realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con A2A “Il Nord Africa e la sfida della gestione sostenibile dei rifiuti: la proposta di un modello industriale” presentato venerdì scorso 8 dicembre a Dubai in occasione della Cop28.
Oltre a mettere in luce le criticità legate allo smaltimento dei rifiuti, il report propone un modello industriale – come quello della Lombardia – dove nessun rifiuto finisce in discarica ma tutto viene recuperato sotto forma di materia o di energia.
La corretta gestione del ciclo dei rifiuti in Africa è una priorità anche alla luce della forte crescita della popolazione. Nel 2035 arriverà a 1,8 miliardi (+32% rispetto ad oggi) e, secondo le stime delle Nazioni Unite, nel 2050 raggiungerà i 2,5 miliardi. La già precaria gestione dei rifiuti rischia così di farsi insostenibile.
Nei soli 5 Paesi del Nord Africa (Egitto,2 Tunisia, Algeria, Libia e Marocco) vengono prodotte circa 42 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno – con conseguente impatto in termini di emissioni di CO2.
In Europa, l’adozione di un modello di Economia Circolare ha permesso di raggiungere una gestione più sostenibile, con il conferimento in discarica che si è ridotto del 31% e il riciclo che è aumentato del 36% nell’ultimo decennio.
Proprio nel recupero di materia l’Italia è uno dei Paesi più avanzati d’Europa: il 4° in UE-27 per tasso di circolarità e l’8° per tasso di riciclo. Questi importanti risultati sono resi possibili anche grazie alla raccolta differenziata che ha raggiunto il 64%, in crescita di 8,5 punti percentuali negli ultimi 5 anni.
In particolare, la Regione Lombardia e la Città Metropolitana di Milano sono modelli virtuosi di gestione dei rifiuti urbani basati su un alto tasso di raccolta differenziata (rispettivamente al 73% e al 69% rispettivamente) e alto tasso di recupero energetico (26% e 31%) che hanno consentito di azzerare il conferimento in discarica.
Il capoluogo lombardo dimostra l’efficienza e la sostenibilità del servizio di gestione dei rifiuti anche all’interno di un’area ad alta densità abitativa. Due gli elementi chiave di questo modello: la raccolta differenziata capillare sul territorio e la dotazione impiantistica.
Proprio le competenze industriali sviluppate in questo settore possono essere le basi su cui l’Area Sud del Mediterraneo può intraprendere un percorso sostenibile nella gestione ambientale.
Ad esempio, l’applicazione del modello A2A per Milano (leader in Europa con il 62% di raccolta differenziata, tra le prime metropoli sopra il milione di abitanti) ad aree urbane comparabili – per dimensioni e per produzione dei rifiuti – come Algeri, Alessandria d’Egitto e Tunisi, può innescare un processo virtuoso di economia circolare.
Lo studio stima che il 30% del totale dei rifiuti urbani prodotti in Egitto, Tunisia, Algeria, Libia e Marocco – corrispondente a 14 milioni di tonnellate – potrebbe essere utilizzato per il recupero energetico e gestito attraverso 15/20 impianti di termovalorizzazione, coerentemente con il dimensionamento del caso lombardo.
Un processo che porterebbe a evitare 23 miliardi di euro di danni ambientali provocati dall’inquinamento marino da plastiche, generare un risparmio emissivo di circa 30 milioni di tonnellate di CO2 e produrre 10 TWh di energia elettrica.