Fca – Si sgonfia il nuovo Dieselgate, ma l’incertezza rimane

Le azioni del gruppo italo americano sono in rimonta a Piazza Affari, recuperando parte delle perdite accumulate ieri in seguito alle accuse dell’Epa su presunte violazioni delle norme sulle emissioni.

In seguito alla notizia, il titolo era crollato di oltre il 16% bruciando circa 2,5 miliardi di capitalizzazione, ossia oltre la metà dell’ammontare della multa da 4,63 miliardi di dollari inizialmente ipotizzata. La performance borsistica è lo specchio di come tale vicenda possa risultare potenzialmente disastrosa per il gruppo, anche se oggi i timori sul caso si sono parzialmente affievoliti. Da non dimenticare che i titoli del lingotto da fine Novembre 2016 a ieri erano saliti notevolmente, per cui per molti la notizia dell’Epa è stata motivo di presa di profitto.

Secondo gli analisti, infatti, ieri il titolo ha scontato lo scenario peggiore, ossia quello che vede Fca effettivamente colpevole di aver utilizzato dispositivi illegali e che quindi dovrà pagare delle sanzioni che arriverebbero a 2,5 euro per azione.

Un’altra ipotesi è che il software installato sui veicoli del gruppo non sia illegale, ma comunque non rispetti le norme in alcune circostanze. In questo caso il possibile cash-out si aggirerebbe intorno a 1,2/1,5 euro per azione.

Infine, un’ultima possibilità è quella che l’indagine non riveli nessuna violazione, non portando quindi a nessun esborso per le casse di Fca.

In ogni caso, gli analisti sembrano essere concordi sul fatto che vi siano sostanziali differenze tra questa vicenda e lo scandalo che aveva travolto Volkswagen nel novembre 2015. Le accuse mosse dall’Epa nei confronti di Fca, infatti, sono meno pesanti di quelle che erano state rivolte contro il gruppo tedesco, come ha dichiarato anche Marchionne negando che la casa di Detroit abbia commesso qualsiasi violazione.

Nel dettaglio, infatti, Fca non avrebbe utilizzato un dispositivo appositamente ideato per “barare”, come invece ha ammesso Volkswagen, ma è stata accusata di scarsa trasparenza con l’agenzia che ora chiede spiegazioni circa le funzioni di routine dei software che gestiscono anche attività accessorie dei veicoli. La colpa della casa di Detroit è stata quella di non aver reso note tali tecnologie, definite Auxiliary emission control device, che sono in realtà legali in specifiche circostanze.

Marchionne inoltre si è stupito di come la notizia sia uscita a pochi giorni dal cambio di testimone alla Casa Bianca, augurandosi che non si tratti di una sorta di gioco politico. Resta infatti da verificare se la nuova amministrazione Trump continuerà le indagini o le riterrà semplicemente un colpo di coda del governo Obama.

La multa da 4,6 miliardi ipotizzata, inoltre, sarebbe eccessiva secondo gli analisti. Alcuni operatori hanno poi sottolineato come questi procedimenti si protraggano a lungo nel tempo, sottolineando come sia passato oltre un anno tra lo scoppio dello scandalo che ha coinvolto Volkswagen e l’annuncio del patteggiamento con il Dipartimento di Giustizia Usa, avvenuto questa settimana.

Fca potrebbe quindi potenzialmente assorbire i costi legati alla vicenda grazie alla generazione di cassa nel periodo che precede l’effettivo esborso monetario.

I rischi tuttavia esistono. In primo luogo bisognerà vedere se le vendite resisteranno all’impatto dello scandalo nel caso in cui dovessero emergere nuovi sviluppi. Le vendite dei modelli diesel in Usa potrebbero infatti essere penalizzate, in un mercato molto più importante per il gruppo italiano di quanto non lo sia per Volkswagen.

Fca, inoltre, appare molto meno solida finanziariamente rispetto alla casa di Wolfsburg, in quanto presenta un livello di indebitamento significativamente più elevato. Come è noto la riduzione del debito appare la sfida più impegnativa tra quelle inserite nel piano industriale, con gli analisti che si sono sempre dimostrati scettici sul target di cassa di 5 miliardi entro il 2018. Il pagamento di una multa dell’ammontare sopra citato potrebbe rendere ancora più difficile il raggiungimento dell’obiettivo prefissato, anche se Marchionne ha comunque confermato tutti i target, affermando che la vicenda non avrà impatto sulle operations e non prevedendo al momento nessun accantonamento.

Il Lingotto potrebbe però trovarsi ad accelerare la cessione di asset in primis Magneti Marelli, comunque già nei programmi del gruppo. Sul tavolo delle trattative potrebbero finire altre controllate come Comau e Teskid, mentre resta improbabile che Marchionne opti per una separazione dai brand come Maserati o Alfa.

Secondo alcuni analisti, inoltre, finché non ci sarà maggiore chiarezza sulla vicenda le ipotesi di M&A sono sospese, con la possibilità di una fusione con General Motors che era tornata alla ribalta negli ultimi giorni. L’ennesimo tramonto di un matrimonio con l’altra casa di Detroit potrebbe essere un duro colpo per Fca, da tempo alla ricerca di un partner che la aiuti ad abbattere i costi, oltre ad unire le forze per lo sviluppo delle nuove tecnologie del settore dell’auto.

Infine, esiste il rischio dell’espandersi del caso anche in Europa, con la Commissione Ue che ha già detto che collaborerà con l’Epa. Marchionne ha rassicurato che i modelli sotto inchiesta non riguardano il mercato europeo, ma la vicenda porterà probabilmente la Germania, che in passato ha già chiesto verifiche alle autorità di Bruxelles sui veicoli del gruppo, a tornare sull’argomento. Anche se la vicenda aveva avuto una ferma risposta da parte del Governo Italiano, ritenendo la questione di competenza europea e non dei singoli paesi.

Stamane, infine, il ministero dei Trasporti britannico ha annunciato che chiederà informazioni alle autorità statunitensi per avere dettagli sui modelli Fca che circolano in Uk.