Unicredit – Pesano gli oneri non ricorrenti nel 2016

La banca di piazza Gae Aulenti archivia il 2016 con una perdita di 11,79 miliardi, legata alle svalutazioni e alle rettifiche straordinarie del piano messo a punto dall’amministratore delegato Jean Pierre Mustier. Il margine di intermediazione, invece, tiene rispetto all’anno precedente e i costi salgono per componenti non ricorrenti.

“Il 2016 è stato un anno cruciale per Unicredit. Abbiamo intrapreso numerose azioni incisive per superare le eredità negative del passato e le criticità operative in modo da assicurare il successo futuro del Gruppo. Continueremo a rafforzare il nostro semplice modello di business di banca commerciale paneuropea che beneficia di una Divisione Cib interamente integrata, al contempo continuando a fornire l’accesso alla nostra rete senza eguali nell’Europa Occidentale e Centro Orientale ai nostri 25 milioni di clienti. Il piano strategico Transform 2019 sta già progredendo”. Con queste parole, guardando al futuro Jean Pierre Mustier, amministratore delegato di Unicredit, archivia i conti del 2016. Conti che, anche se l’hanno visto arrivare alla guida della banca solo a fine giugno, portano decisamente la sua impronta in quanto il risultato è in gran parte attribuibile alle svalutazioni e agli accantonamenti con cui il manager ha voluto scindere il legame col passato.

Ma passiamo all’esame dei conti riportati nella tabella seguente.

Il margine di intermediazione nel 2016 è rimasto pressoché stabile a 18,8 miliardi (-0,3% a/a), ma caratterizzato da maggiori ricavi da negoziazione e da dividendi che hanno compensato l’andamento negativo del margine di interesse e delle commissioni.

Il margine di interesse si è attestato a 10,3 miliardi (-5,6% a/a), per effetto di varie componenti. Le dinamiche commerciali hanno avuto un effetto positivo, sostenute dall’aumento dei volumi dei prestiti, dal minor costo del term funding oltre che dalla continua revisione dei tassi applicati ai depositi, che hanno ampiamente compensato la compressione dei tassi sui finanziamenti e le dinamiche sui volumi dei depositi. 
L’evoluzione non commerciale è influenzata dai ricavi da investimenti dal portafoglio titoli e dal contributo negativo da derivati di copertura che includono gli effetti del replicating portfolio.

Le commissioni hanno tenuto, attestandosi a 5,5 miliardi (-1,1% a/a), grazie alla solidità delle commissioni da servizi di investimento, principalmente sostenute dall’aumento delle commissioni da raccolta gestita. Sono invece diminuite le commissioni da servizi di finanziamento, essenzialmente per effetto delle commissioni inerenti le cartolarizzazioni e le attività di “workout” in outsourcing.

I ricavi da negoziazione hanno registrato un deciso incremento raggiungendo i 2,1 miliardi (+40,0% a/a), principalmente sostenuti da plusvalenze non ricorrenti e dalle attività richieste dalla clientela.

Gli altri ricavi si sono attestati a 956 milioni (+1,7% a/a) grazie anche alla contribuzione di Yapi Kredi che nel 2016 aumentata a 378 milioni (+8,2% a/a) grazie ai suoi fondamentali solidi e al suo significativo avanzamento nelle attività core.

I costi operativi hanno mostrato un incremento dell’1,5%, dovuto soprattutto a componenti non ricorrenti rientrate nelle spese operative che hanno evidenziato un incremento dell’11,5% a 5,3 miliardi, includendo anche oneri di sistema per 1,15 miliardi (erano 789 milioni nel 2015). Il personale ha invece evidenziato una riduzione del 3,8% a 7,1 miliardi, anche grazie alla riduzione di 2.800 Fte. Escludendo le componenti non ricorrenti, il controllo dei costi ha consentito di ridurre le spese totali a 11,8 miliardi (-3,6% a/a) portando il rapporto costi/ricavi rettificato al 61,1 per cento.

Il risultato lordo di gestione si è così attestato a 6,3 miliardi (-3,8% a/a), una cifra non sufficiente ad assorbire le rettifiche monstre connesse all’operazione di cessione crediti in sofferenza per 17,7 miliardi, denominata progetto Fino. Per questa ragione le rettifiche su crediti sono salite a 12,2 miliardi, appesantite dagli 8,1 miliardi di accantonamenti non ricorrenti. Al netto di questo costo straordinario, le rettifiche su crediti si sono attestate a 4,1 miliardi con un costo del rischio rettificato di 91 bp.

Dopo questo intervento, il risultato netto di gestione risulta negativo per 5,8 miliardi (positivo per 2,6 miliardi nel 2015). Altri accantonamenti e poste straordinarie determinano un rosso di 11,79 miliardi per il 2016, che si confronta con l’utile di 1,69 miliardi del 2015.

Nella tabella seguente riportiamo lo stato patrimoniale del gruppo.

Gli impieghi verso la clientela sono rimasti stabili a 444,6 miliardi, mentre i debiti verso clientela sono cresciuti del 7,5% a 452,4 milioni.

Il Cet1 ratio fully loaded si è attestato al 7,54% a fine 2016, ma a conclusione dell’aumento di capitale in corso si porterà all’11,15% per salire al 12% includendo le cessioni di Banca Pekao e di Pioneer.

L’obiettivo del Cet1 ratio è confermato al di sopra del 12,5% nel 2019, in linea con la solida generazione di capitale prevista nel piano “Transform 2019”.

Si evidenzia che i crediti deteriorati netti sono scesi a 25 miliardi con una copertura pari al 55,6% e un’incidenza sul totale crediti netti del 5,6 per cento. Le sofferenze lorde sono scese a 31,8 miliardi con una copertura del 65,6%, le inadempienze probabili a 23,2 miliardi con una copertura al 43,3 per cento. Gli scaduti si sono attestati a 1,4 miliardi, coperti al 34,3 per cento.