Global Markest Auto – Fra crisi chip e passaggio all’elettrico il settore rischia di bloccarsi

Si riporta l’andamento odierno dei principali titoli internazionali del settore Auto:

Seduta negativa per borse europee che proseguono al ribasso. Il Ftse Mib e il DAX cedono il 2%, mentre il CAC 40 e il Ftse 100 arretrano rispettivamente dell’1,1% e dell’1,2%. Male anche Wall Street, con il Dow Jones che cede l’1,8%, lo S&P 500 l’1,4% e il Nasdaq l’1,3%.

Se l’industria automobilistica italiana aveva sperato in un anno di forte ripresa, dopo un anno devastato dal Covid, con 1,38 milioni di auto vendute, il 28% sul 2019, a livelli non più toccati dagli anni Settanta, le incertezze legate alla transizione tecnologica (con la pressione per il passaggio a modelli elettrificati, più raffinati ma anche più costosi) e soprattutto la crisi globale dei semiconduttori rischiano di lasciare macerie nella rete dei concessionari e in tutto il sistema che ruota intorno alle quattro ruote.

In una sua analisi del mercato globale, Moody’s definisce stabili le prospettive per il settore automobilistico per i prossimo 12-18 mesi, e ben al di sotto del picco del 2017, con una ripresa delle vendite relativamente lenta. Per il 2022 si parla di una crescita del 6,2% rispetto all’anno che si sta chiudendo, devastato dall’impatto del Covid e della crisi dei semiconduttori.

Quel +6,2%, avverte Moody’s, dipenderà soprattutto dalla Cina, mentre Europa e Nord America dovrebbero limitarsi a una crescita sotto il 5%, con incertezze ancora a dominare lo scenario. L’Europa dopo un primo semestre rampante ha progressivamente perso slancio, in uno scenario di carenza di prodotto che ha portato novembre a chiudere a livello continentale in forte calo del 17,5% sullo stesso mese 2020. In pratica, rispetto allo stesso periodo del 2019 il mercato europeo ha perso 3,72 milioni di vetture, come se fosse scomparso un grande costruttore.

Per Gian Primo Quagliano, Presidente del Centro Studi Promotor, “mentre l’economia sta recuperando, il mercato dell’auto dell’Europa Occidentale procede a tre cilindri. Per l’Italia,  servono interventi decisi e di lungo respiro. Nel nostro paese l’auto vale almeno il 12% del Pil, un settore del genere non può essere penalizzato dalla mancanza di scelte di una classe dirigente che non alimenta la transizione in atto. Viene da chiedersi Draghi e i partiti cosa stiano aspettando per varare un piano organico, con incentivi alla rottamazione per almeno tre anni, validi per l’acquisto di vetture elettriche o tradizionali con emissioni sotto i 135 grammi per km. L’impatto della crisi dei chip secondo alcuni esperti potrebbe andare avanti per tre anni, un calo che nel nostro paese potrebbe portare al fallimento di aziende della componentistica e concessionari”.

Con un crollo del 24,6% a novembre delle immatricolazioni, l’Italia ha registrato la performance peggiore dopo la Germania, fra i grandi mercati europei e si candida a chiudere il 2021 a 1,46 milioni di immatricolazioni: A penalizzare l’Italia, commenta Andrea Cardinali, Direttore Generale dell’Unrae, è il fatto che “l’Italia è anche l’unico fra i Paesi più grandi a non prevedere sostegni alla domanda di veicoli a zero o bassissime emissioni. Se questo atteggiamento di indifferenza da parte del Governo resta inalterato, c’è da chiedersi come sia pensabile arrivare ai target di diffusione delle nuove tecnologie proposti in Europa”. Cardinali rimarca l’assenza di una strategia da parte delle istituzioni centrali: “Mentre le case automobilistiche già da molti anni sono impegnate con propri programmi di elettrificazione dei loro prodotti, è necessario che vengano varate misure per accelerare la transizione della domanda verso le nuove tecnologie, con incentivi all’acquisto di veicoli di ultima generazione e sviluppo di adeguate infrastrutture di ricarica”.