Mercati – Previsto avvio debole in Europa

Attesa partenza debole per le principali borse europee tra i timori legati alla debolezza del petrolio e alla situazione economica cinese, con lo sguardo allo stesso tempo sulla politica monetaria.

Chiusura ieri negativa a Wall Street con il Nasdaq a -0,6%, lo S&P500 a -0,4% e il Dow Jones a -0,2%.

Sui mercati asiatici, Tokyo ha terminato a -1,8%, Hong Kong viaggia a -0,7% e Shanghai a -0,1%.

Pesano le preoccupazioni legate all’eccesso di offerta di petrolio e ai debiti della Cina dopo che Moody’s ha abbassato l’outlook su un certo numero di società locali e tagliato le sue previsioni sui titoli sovrani del Paese asiatico.

A ciò si aggiunge la contrazione inaspettata delle importazioni cinesi a novembre, che hanno deluso le speranze che la domanda interna si sarebbe ripresa in considerazione degli interventi messi in campo per stimolare la crescita in un’economia in rallentamento. Il mese scorso le esportazioni sono invece aumentate dello 0,5% su base annua, leggermente meglio del previsto e segnando la prima espansione da aprile.

Ora l’attenzione si sposterà su una serie di altri dati macroeconomici in vista soprattutto del job report in calendario domani.

Stamane, da monitorare la produzione industriale e le vendite al dettaglio italiane di ottobre e la lettura finale del PIL 3Q23 dell’Eurozona. Nel pomeriggio, in agenda, negli Usa, le richieste settimanali di sussidi disoccupazione e il dato finale sulle scorte all’ingrosso.

A ottobre la Germania ha registrato un calo della produzione industriale dello 0,4% m/m, rispetto al +0,2% del consensus e al -1,3% del mese precedente (rivisto da -1,4%). Su base annua, il dato, corretto dagli effetti di calendario, ha registrato una contrazione del 3,5%, a fronte del -3% delle attese e del -3,6% di settembre (rivisto da -3,7%).

Occhi infine sulle banche centrali in vista già dei meeting di Fed e Bce di settimana prossima, con i mercati che scontano sei tagli dei tassi da un quarto di punto ciascuno da parte dell’Eurotower nel 2024, una mossa che porterebbe il costo del denaro al 2,5%.